Pontegrande, 28 settembre 1961
1.
Eccellenza Rev.ma, … Vi accludo quanto
richiestomi; spero di avere risposto ai vostri desideri; contrariamente,
riscrivetemi e cercherò di fare del mio meglio per soddisfarVi:
Perquisiti
i registri dell’Arciprete di S. Nicola di Bari in Sellia Superiore, si presume
che il Rev. don Francesco-Antonio Caruso sia andato a reggere quella parrocchia
nel giugno del 1909; infatti nel registro dei morti, la sua prima firma si
rinviene nell’atto del 17-6-1909 e nel registro dei battezzati nell’atto del
4-7-1909.
L’Arciprete
don Caruso
-
di persona - resse quell’Arcipretura sino all’ottobre del 1912 (l’ultima sua
firma si rinviene nel registro dei morti e precisamente nell’atto del 25-9-1912;
-
di diritto - la resse sino al luglio del 1914; infatti, il Rev. don Giuseppe
Marino che gli successe, dal 1912 al 1914 firma i registri parrocchiali con la
qualifica di Economo Curato, quella di Arciprete si rinviene per la prima volta
nell’atto del 12-7-1914.
La breve dimora dell’Arciprete don Caruso in
Sellia fu più che sufficiente per dare moralmente e spiritualmente a quel paese
un volto nuovo e a lui l’appellativo di santo.
Lo
zelo apostolico dell’Arciprete santo infervorò lo spirito dei suoi fedeli con
innumerevoli pratiche di pietà, illuminò le menti dei grandi con sapienti ed
attraenti istruzioni e con le omelie domenicali e festive; quelle dei piccoli:
con la istruzione catechistica impartita nelle domeniche e feste, ed in tutti i
giorni, in Quaresima e nelle Novene dell’Immacolata e del S. Natale. La sua
generosità con grande sacrificio personale si riversò non solo verso le
persone, elargendo ai poveri e ai più bisognosi vitto e denaro, ma anche verso
le cose, rifacendo a proprie spese il pavimento della Chiesa arcipretale;
lavoro improbo e costosissimo perché fu necessario scassare il sottopavimento
sino alla profondità di circa m.4 per rinvenire e riesumare le ossa dei
cadaveri, ivi da secoli seppelliti. Per meglio attirare i fanciulli alla
istruzione catechista ed invogliare i genitori a mandarveli, mezzora prima
dell’ora stabilita non solo faceva squillare la campana più piccola delle tre
situata nella torre campanaria, detta dell’Annunciazione, quanto ai quattro o
cinque fanciulli accorsi per primi al suono della campana, consegnava un
campanello a mano che, scuotendolo a ritmo accelerato, come del resto sanno
fare i fanciulli, dovevano percorrere le vie principali del paese cantando
questo ritmo: “Padri e madri mandate i vostri figli alla dottrina cristiana,
che è l’Angelo custode che li chiama”. Alla fine del giro i quattro o cinque
fanciulli diventavano venti o trenta, che facevano ressa all’ingresso della
Chiesa per occupare i primi posti nella navata laterale ad essi assegnata. In lui
l’amore per i fanciulli era così sentito che tutte le sere, dopo la benedizione
eucaristica, li conduceva con sé fuori l’abitato a passeggiare, narrando loro
piacevoli aneddoti della vita dei santi e, dopo circa mezzora, li intratteneva
in attraenti giochi del tempo, essendone egli, ad un tempo, allenatore ed
arbitro; quando, poi, si rientrava in paese, i fanciulli, che gli erano così
affezionati, non rientravano in casa se non dopo di avere accompagnato il loro
arciprete sino all’uscio della sua abitazione.
Il
don Caruso, profondo conoscitore della Morale e della Liturgia, con zelo e con
saggezza inculcava ai suoi fedeli quei sani principi e quelle sante regole,
sforzandosi con la dolcezza ed il sorriso, che perennemente indoravano il suo
rosso volto, di eliminare tanti sconcertanti abusi che abominevolmente
deturpavano la Liturgia della Chiesa. Come: il ripugnante sconcio che alla
domenica, dopo l’omelia, l’arciprete doveva, in cornu evangeli, ritto in piedi
e rivolto verso il popolo, attendere che il priore dell’arciconfraternita dallo
stesso altare, in cornu epistulae, facesse il suo predicozzo agli associati
dell’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione- con quale pietà, con quali
invettive nei confronti dell’altra Confraternita del SS. Rosario, e con quale
drammaticità lo pronunziasse è facile intuire. Indi il celebrante poteva
continuare il S. Sacrificio. A proposito di siffatti sconci si ricorda ancor
oggi che una sera di giovedì santo, non essendo giunto l’oratore - sempre
beninteso invitato dal Priore senza il nullaosta dell’arciprete - che doveva
tenere la predica di Passione, alla fine della quale doveva invitare la statua
della Vergine Addolorata, posta durante la predica, sullo spiazzale antistante
la chiesa, ad entrare nel tempio per ricevere da lui sulle sue braccia il
Cristo morto - in gergo questa funzione è detta TRASUTA = ENTRATA - un
fornaciaio salì sul pulpito e sostituì il sacro oratore e fece quest’ultima
funzione della così detta Trasuta.
Questi sconci ed infinite altre villanie scagliate contro la persona del santo arciprete, - la cui dizione, per
tradizione, ad litteram si ricorda,
poiché gli spettatori auricolari e l’unico attore sono tutti deceduti -,
tormentarono l’esistenza di don Caruso e gli fecero versare spessissimo lagrime
amare di profondo ed intenso dolore da rendere impossibile la sua permanenza in
Sellia. Consultatosi con l’Ordinario del tempo Mons. Pietro Di Maria, questi
nel 1912 lo richiamò in diocesi affidandogli l’incarico di Rettore del
Seminario Vescovile restando sempre titolare dell’Arcipretura di Sellia
Superiore; così si spiega come il don Giuseppe Marino, che gli succede nel
1912, firma gli atti dei registri parrocchiali sino al 1914 con la qualifica di
Economo curato.
2. LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. VINCENZO SAMÀ,
Parrocchia San
Biagio, Serra san Bruno, 10 ottobre
1961
2.
Eccellenza Rev.ma, plaudo anch'io alla
vostra bella iniziativa e spero che la portiate a compimento. Qui ho solamente
una lettera che vi allego e un volume dattilografato, che P. Caruso voleva
mandare alle stampe, se avesse avuto ancora vita. Questo volume ve lo mando fra
giorni. Spero di andare in questi giorni a Sant'Andrea perché mi pare di avere
qualche altro manoscritto e così ve lo invierò. Cercherò anche in questi giorni
di raccogliermi un poco per poter ricordare qualche cosa della vita del Padre.
Spero di esservi utile in questo vostro lavoro. …
3.
Lettera
di Padre Caruso a Don Vincenzo Samà
Catanzaro, 23 aprile 1942
I.M.I.D.
Carissimo figliuolo in Cristo, sono molto contento che mi hai obbedito riguardo
alla confessione settimanale. Ora però bisogna che tu conservi il posto
conquistato e che non ti lasci vincere a cedere per l'avvenire. Non devi
pretendere di acquistare la calma assoluta, ma devi contentarti di una calma
relativa. Si tratta di una croce voluta dal Signore per la tua santificazione
e, se acquistassi la calma completa, non sarebbe più croce e non potresti
ricavarne frutti di santificazione. Guardati dall'aggravare tu stesso le tue
condizioni di spirito, riflettendovi sopra e pensando all'avvenire. Pensa
soltanto che è un dono di Dio, del quale si serve per respingerti avanti nella
perfezione e, ogni volta che si affaccia qualche turbamento, chiudi la porta
della tua mente e del tuo cuore e dici con slancio: “Signore, tu sai che io ti
amo e che ti offro volentieri la mia vita”. Dopo ciò, sta tranquillo, perché Caritas operit multitudinem peccatorum! Prega
anche tu per me come io prego per te, perché le mie afflizioni non sono meno
grandi delle tue. Dio ci vuole crocifissi con questo genere di croci, affinché
siamo così sacerdoti e vittime. Non è una gloria per noi rassomigliare al
Maestro Divino, sia pure per mezzo di un tal genere di croci? Ho parlato con Capelluto
della Ratio mensis e mi ha detto che
te la manda oggi stesso. Tante benedizioni in nome del Signore che tanto ti
ama. Tuo aff.mo in G. C. Sac. Francesco Caruso
Testimonianza
di Sac. Vincenzo Samà,
Parrocchia Santa Maria della pietra, Petrizzi
2 novembre 1961
Eccellenza
Rev.ma, ho ricevuto la Vostra del 1° ottobre. Non sono in possesso di
alcun documento dell’indimenticabile e santo Sacerdote P. Francesco Caruso. Io
ebbi la fortuna di avvicinarlo spesso negli ultimi anni di sua vita a Gasperina
dove facevo il viceparroco. La sua parola fu sempre luce e guida sicura nel mio
lavoro di vita spirituale e di apostolato. Non usava dire molte parole, come
tutti i grandi uomini di Dio. Ma poche, chiare e profonde. Né imponeva. Si era
costretti ad accettare. La verità non ammette esitazioni. Grande venerazione
riscuoteva anche tra il popolo. E lo confermò la sua malattia e la sua morte.
La gente andava a visitarlo durante le sue giornate di sofferenza. A tutti
regalava un sorriso e una buona parola di sprone al bene. Quanta rassegnazione,
uniformità, pieno abbandono io stesso ho potuto notare nella sua ultima
malattia! Esempio vivente di santità avanzata !
- Padre,
come vi sentite? - e la risposta era sempre la stessa: - Come vuole il Signore.
Sia fatta la sua volontà -. E soffriva veramente! Il suo grande desiderio, la
sua felicità era poter celebrare la Santa Messa. Con quale dignità ed unzione
la celebrava! Quando non poté più uscire di casa ottenne il permesso di
celebrare a casa stessa. Io stesso più volte servii la sua messa. Poi non poté
più celebrare neppure a casa. Cominciò il suo breve periodo di immobilità.
Volle ricevere sempre la comunione, che considerava la più importante tappa
della sua dolorosa ascesa verso l’eternità. Una mattina si seppe che P. Caruso
era morto. Aveva già precedentemente ricevuto i sacramenti. Era stato
l’Arciprete Paparo ad amministrarli. Unanime cordoglio. Era morto un Santo! Si
diceva da tutti così. E il popolo lo andò a venerare morto, come lo aveva
venerato vivo. I suoi figli accorsero da lontano. I funerali furono un trionfo.
Vi furono parecchi sacerdoti. Don Giovanni Capellupo lo commemorò in Chiesa
mentre tutti pregavano e piangevano. Eccellenza, come vedete, le notizie non
sono ampie e particolareggiate. Non ho elementi, all’infuori di quelli a cui mi
sono riferito. Del resto, un santo uomo come era P. Caruso, non poteva
sbandierare ai quattro venti la sua santità. Nascondeva quanto più poteva. Il
profumo delle sue virtù si avvertiva. Si capiva di trovarsi dinanzi a un sacerdote
gigante, di cui non credo si potevano definire i dettagli. Vi auguro un pieno
successo nell’opera intrapresa. Vale veramente la pena proporre a tutti, e
specialmente a noi sacerdoti, come modello di santità un sacerdote così santo!
Continuerà ad essere, come lo fu in vita e più ancora, guida illuminata e
sicura, esempio luminoso di tutte le virtù sacerdotali. Scusatemi il ritardo.
Avrei voluto e dovuto rispondere immediatamente. Sono stato impedito da varie
difficoltà. Prego sempre per voi che considero come pietra fondamentale per la
mia vocazione e formazione sacerdotale. Auguri di cuore perché possiate fare
sempre tanto bene…
3. LETTERA-TESTIMONIANZA
DI SAC. GREGORIO PROCOPIO, arciprete
Gasperina, 24 novembre 1961
4. Eccellenza
Rev.ma, vi chiedo vivissime scuse se finora non ho mantenuto fede alla promessa
di fornire le notizie chiestemi in occasione del gradito incontro che ho avuto
con V. E. nel settembre scorso. La prima difficoltà è stata l’assenza da
Gasperina del signor Antonio Mazzotta che essendosi recato a Milano per
visitare il figlio colà residente, vi si trattenne per oltre un mese. Del resto
l’attesa del signor Mazzotta è stata inutile perché ieri l’altro mi ha
dichiarato di non essersi mai incontrato col venerando sacerdote, durante il
periodo del servizio militare. In secondo luogo, provo qualche difficoltà di
fare dichiarazioni obbiettive sul conto della famiglia Caruso, per i seguenti
motivi: uno dei fratelli del defunto Sacerdote, Saverio, scappò in Buenos
Aires, or sono quarant’anni, essendo stato condannato all’ergastolo in
contumacia per complicità nell’uccisione di un mio paesano. L’unico fratello
superstite, Serafino, che voi conoscete, non brillò per probità di vita e
religiosità: bestemmia come un turco e, in passato, mantenne rapporti molto
tesi col fratello don Vincenzo, parroco di Mesoraca, deceduto in quel paese, or
sono due anni. Questi particolari incresciosi sono a conoscenza del popolo
gasperinese. In conseguenza di quanto esposto, non mi resta da fare altro che
comunicare alla V.E. quelle poche notizie che si riferiscono ai fugaci rapporti
d’amicizia che ebbi col venerando confratello don Francescantonio Caruso,
notizie che mi riserbo di trasmettere quanto prima…5.
4. LETTERA-TESTIMONIANZA
DI SAC. GREGORIO PROCOPIO
Gasperina, 18 marzo 1962
Eccellenza,
… Sebbene con ritardo, accludo le poche notizie riguardante i genitori di don
Caruso. Mi rincresce di non poter fornire notizie sicure circa l’origine della
mia Gasperina. Qualche persona, che si è interessata a suo tempo delle patrie
memorie, mi ha riferito che la fondazione di Gasperina rimanda ai tempi del
conte Ruggiero, cioè al 1000 dell’Era cristiana…
Don Francesco Caruso ebbe ottimi genitori.
Il
padre, Agostino, uomo probo, prudente, lavoratore instancabile, esemplare nelle
pratiche di pietà nonché nel sopportare con cristiana fortezza non pochi e non
lievi dolori, fu circondato sempre dalla stima dei suoi concittadini.
La
mamma, Maria Innocenza, perfettamente cosciente della sua missione, nulla
trascurava per istillare nei cuori della numerosa figliolanza, sentimenti di
bontà e di virtù. Essa non dava altri insegnamenti ai figliuoli, né li educava
con altri mezzi, all’infuori di quelli
tradizionali
allora nelle famiglie cristiane. Non s’ispirava che alla chiesa, al Vangelo, a
quello che sentiva predicare in chiesa dai sacerdoti. E questo diceva e
ripeteva ai suoi, cento volte, quante volte occorreva. Siate timorati di Dio -
essa insegnava - e sarà la vostra ricchezza in questa vita e nell’altra ancora.
Tutto passa, tutto finisce. Fortunato colui che obbedisce ai comandamenti di
Dio. Queste parole mi ripeteva don Caruso, quando teneva discorso della mamma
sua, alla quale era attaccatissimo.
5. LETTERA
DI ROSINA CANINO a Caterina Gallello trasmessa dalla stessa a
Monsignor Giuseppe Pullano
Molitermo (Potenza), 18 dicembre 1961
Cara
Caterina, ebbi la vostra gradita letterina col ricordino funebre del decennio
del Caruso. Certo, è già in Paradiso, era un santo nel vero senso della parola;
direttore spirituale impareggiabile. Ricordo sempre i suoi consigli e, per
quanto riesco, cerco attenermi ad essi. Se li seguissi tutti, facilmente sarei
già a buon punto nella vita spirituale. Spero e confido nell’aiuto delle di lui
preghiere; dal cielo pregherà di certo per le anime che ha dirette quando era
su questa misera terra…
6. LETTERA DI ROSINA CANINO a
Caterina Gallello trasmessa dalla stessa a Monsignor Giuseppe Pullano,
Molitermo (Potenza), 20 aprile 1962
Carissima
Caterina, … Di P. Caruso non ho nulla da poter mandare, certo è un’anima santa;
pregasse per tutti i suoi figli spirituali affinché raggiungessimo quella
santità che più volte ci ha additata. Per la “Casa Divina Provvidenza” nulla; i
tempi si rendono sempre più difficili e credo che forse non arriverò a vederla
riaperta prima che muoio. Preghiamo assai vicendevolmente affinché il buon Dio
ci faccia conoscere ed eseguire in tutto la sua santa volontà…
7. LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. PEPPINO PARROTTA
Catanzaro, 21 luglio 1965
Monsignore
Carissimo, ti mando la breve relazione dei miei ricordi su D. Francesco Caruso.
Mi auguro che possa essere la tua una magnifica biografia e possa suscitare in
tanti sacerdoti le virtù del nostro santo. Certamente ti sarà costato assai,
date le notizie frammentarie e difficili a trovarsi. Tutto effetto della sua
grande umiltà…
La
testimonianza:
“Era
il lontano 16 ottobre 1916, quando ragazzo di appena 11 anni fui condotto per
la prima volta in Seminario dal mio venerato zio sac. Emmanuele, per essere
avviato al sacerdozio. Il mio primo incontro fu con don Francesco Caruso,
Rettore del Seminario. Mi ricevette nel suo studio, mi guardò negli occhi e poi
mi domandò se volessi farmi prete. Alla mia risposta affermativa lo vidi
sorridere leggermente e potei intravedere fin da quel momento un sacerdote
santo e pieno di zelo per le anime. Mi fu Rettore, poi Padre Spirituale ed
infine collega nel Capitolo Cattedrale. Ritrovai sempre nella figura di Don
Francesco Caruso la modestia, l’umiltà, la penitenza e tutte le virtù cristiane
e sacerdotali che indicavano a tutti la via sicura della santità. Fondò e
promosse il Terz’ordine Domenicano, che ancora continua nel suo ricordo. In
questa branca di apostolato gli son venuto io a succedere e molti del Terzo
Ordine lo ricordano ancora con tanta devozione”.
8. LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. FRANCESCO
MERCURIO
Fossato Serralta, 23 luglio1965
Ecc.Rev.ma,
rispondo alla Sua del 14 luglio corrente per congratularmi – toto corde – per
la felicissima idea di offrire a tutti noi una biografia del compianto P.
Francesco Caruso. Era una lacuna che bisognava sicuramente colmare! Durante i
miei anni di permanenza nel Seminario Arcivescovile di Catanzaro, P. Caruso fu
sempre il mio zelante Direttore Spirituale ed il mio abituale Confessore. A
Lui, non poco, debbo la perseveranza nella vocazione e, se oggi ho l’altissimo
onore di lavorare nella Vigna del Signore, a gloria di Dio e a salvezza delle
anime, è Suo grande merito. Lo ricordo sempre P. Caruso, col sorriso sulle labbra,
venire ogni sera, in mezzo a noi, piccoli seminaristi, ed intrattenerci al suo
giuoco preferito della dama o degli scacchi. P. Caruso, dal cielo, ottenga per
lei, Eccellenza Rev.ma, le più elette grazie, e non dimentichi l’umile
scrivente…
9. LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. ARMANDO MIRIELLO
Isca sullo Jonio (CZ), 14 agosto 1965
Rev.mo
Mons.Pullano, ad un mese esatto di distanza, dalla sua lettera, rispondo
evidentemente, con notevole ritardo, per i miei vari impegni. Plaudo,
anzitutto, alla bella iniziativa di suscitare un soave ricordo in tutti i
sacerdoti del compianto Padre Caruso, di venerata memoria. Io personalmente,
ebbi la fortuna di incontrarmi con la sua anima sacerdotale, nel lontano anno
1921-22, epoca in cui fui alunno nel Seminario Arcivescovile di Catanzaro,
mentre Egli vi svolgeva il suo ufficio di Padre Spirituale. Lo rivedo nella sua
stanzetta, adorna di pochi mobili e di molti libri, mentre sul suo tavolo
occupava il posto d’onore il Crocefisso e qualche libro aperto, certamente di
ascetica o di meditazione. Seminarista di secondo ginnasio e per di più
extra-diocesano, entravo con timidezza nella sua stanza per le necessità di
coscienza, ma, oh! con quanta paterna bontà ci accoglieva e ci ascoltava!
Ritornato, dopo la morte di Mons. Elli, al seminario diocesano, tutti parlavano
del P. Caruso come di un sacerdote pieno di spiritualità, presso cui si
rivolgevano per consiglio e per i bisogni spirituali tutti i sacerdoti. Quando,
poi, la volontà dei Superiori mi destinava ad essere io stesso il Direttore
Spirituale dei piccoli seminaristi del Seminario di Squillace, sentii il
bisogno di ricorrere al P. Caruso per avere le sicure direttive per un lavoro
tanto delicato e tanto difficile. Nutro speranza e formulo l’augurio che tanto
degno Sacerdote della nostra Diocesi sia posto presto sul candelabro della
Chiesa ad esemplare nostro ed a fulgida gemma della casta Sacerdotale…
10. TESTIMONIANZA DI FRANCESCO CARUSO (NIPOTE)
Gasperina, 9 giugno 1962
Eccellenza
Rev.ma, accludo l’albero genealogico dei miei antenati con a fianco la data di
nascita e di morte, nonché il certificato di malattia e morte della felice
memoria dello Zio. Il prof. Celia Magno, finalmente mi ha comunicato che gli
appunti sulle origini e la storia di Gasperina Ve li spedirà direttamente.
Chiedo scusa del ritardo, dovuto appunto, alla mancata risposta del predetto
mio nipote. Sempre a disposizione per quanto altro occorre ringrazio
l’eccellenza Vostra dell’impegno che amorevolmente Vi siete preso per far
conoscere la santa memoria dell’amato e santo mio Zio…
STATO DI FAMIGLIA
originario del defunto Sac. Can .Don Nicola
Francesco Antonio Caruso –
Da
CARUSO GIUSEPPE fu Vincenzo e fu Carchidi Caterina, morto in Gasperina il 13
agosto 1867 all’età di anni 63, e
Da
MACRINA MARIANNA fu Giuseppe e fu Lombardo Caterina, morta in Gasperina l’8
maggio 1888 all’età di anni 84
È
nato CARUSO AGOSTINO MARIA il 20 aprile 1830, morto in Gasperina il 3.4.1909. Quest’ultimo,
in data 26.5.1862 si univa in matrimonio con Celia Innocenza Maria di Saverio e
di Macrina Marianna, nata a Gasperina il 3 luglio 1845 morta a Gasperina il 6
giugno 1925; dai quali nacquero i seguenti figli:
1
- Addì 11.10.1863 – Marianna deced. il
9.3.1939 a Gasperina
2
- 16.2.1865 - Giuseppe - 8.5.1958
3
- 4.11.1866 - Rosa - 18.9.1896
4
- 12.12.1868 - Clementina - 25.1.1869
5
- 1.1.1870 - Maria Caterina - 22.3.1942
6
- 9.11.1871 - Donato - 1.1.1958
7
- 24.1.1874 - Vincenzo (Sac.) - 10.1.1956 Mesoraca
8
- 25.11.1875 - Clementina - . 7.1949
9
- 27.2.1878 - Saverio
10
- 7.12.1879 - Nicola Francesco Antonio (Sac.) -18.10.1951
11
- 20.11.1881 - Maria Teresa
12
- 23.1.1884 - Maria Elisebetta
13
- 11.11.1885 - Maria Serafina - 11.12.1887
14
- 17.4.1889 - Urbano - 12.1.1903
15
- 23.4.1891 - Serafino
11. LETTERA DI FRANCESCO
CARUSO (NIPOTE),
Gasperina, 27 marzo 1963
Eccellenza
Reverendissima, sono stato qualche giorno fuori residenza e non ho potuto
riscontrare la vostra lettera. Vi chiedo tante scuse, sicuro della vostra
comprensione. Celia Magno mi ha assicurato, che vi scriverà direttamente in
merito alle notizie su Gasperina, sicuro di non mancare all’impegno. Acclude i
certificati di battesimo, di cresima, di morte e per i sacramenti somministrati
alla felice memoria di mio zio, rilasciati dall’Arciprete. Come rilevate
l’errore di data fu trascritto involontariamente da Mons. Procopio il quale
reggeva la parrocchia. La salma di mio zio, fu esumata in occasione della morte
di mio cugino Nicola il 24 maggio 1972. Le sante ossa furono composte dalle
dirigenti il terzo ordine Domenicano: signorine Papucci Angela, Procopio
Clementina e Teresina, Catrambone Gesuina; alla presenza dell’Arciprete Paparo
Nicola e mia in qualità di sindaco. Il verbale fu firmato da noi tutti e dai
due testi Antonio e Macrina Francesco.
Le ossa furono chiuse in una cassa di noce con rivestimento interno di zinco
regolarmente arrotolato ed in una bottiglia sigillato il verbale di cui sopra.
La copia del verbale è in mano alla signorina Procopio …. La tumulazione è
stata fatta in un loculo della cappella della chiesa, di nuova costruzione. Attendiamo col
Terz’ordine e i parenti di collocare un’epigrafe marmorea e per cui vi
pregheremmo scrivere la dicitura. Sono certo che gradiate la fotografia
che vi accludo, di cui ho fatto
l’ingrandimento…
12. LETTERA DI FRANCESCO
CARUSO (NIPOTE),
Gasperina,
11 gennaio 1967
Eccellenza
Reverendissima, sono oltremodo mortificato per il ritardo con cui rispondo alla
Sua cortese lettera e La prego accettare le mi scuse. Sempre grato per quanto
ha fatto e sta facendo in memoria del mio defunto zio Francescoantonio. Il
ritardo nella risposta è dovuto al fatto che le signorine Procopio, durante le
feste, sono state a Catanzaro con i propri familiari, anzi una si sta
preparando per partire in America a visitare la sorella. Interpellate, hanno
risposto che non sapevano a chi era rimasta la copia del verbale redatto in
occasione della traslazione delle ossa della felice memoria di mio zio. Ho
interpellato la signorina Papucci, la quale dopo aver ricercato fra le sue
carte, ieri sera finalmente mi ha detto che non ha potuto trovare il detto
verbale e che le pare abbia spedito a Lei assieme ad un quaderno che
apparteneva al defunto o successivamente con altra spedizione della copia del
testamento che Ella stessa ha richiesto alla predetta signorina Papucci. I nominativi
che hanno firmato il verbale sono tutti viventi e, se Lei lo ritiene
necessario, potranno firmarmi una dichiarazione che Lei stesso si compiacerà
mandarmi nella formula che riterrà più opportuno. Mio cugino Nicola Caruso è
nato il 17 giugno 1927 ed è morto il 6 aprile 1962.
Mio
zio Francesco era proprietario di are 66 di oliveto denominato Gonneradi, una
stanza di abitazione e la metà di un vano terreno, in Via S. Giuseppe, di
questo abitato. Sia io che la mia famiglia saremo felicissimi e onorati di
rivederla in casa nostra nel prossimo febbraio e la prego di preavvisarmi, non
fosse altro per farmi trovare in residenza o magari venirla a prelevare a
Catanzaro…
13. LETTERA DI FRANCESCO CARUSO (NIPOTE),
Gasperina, 14 luglio 1967
Eccellenza
carissima, onoratissimo della vostra visita, mi ritengo a disposizione, sempre,
per il poco che valgo. La felice memoria di mio zio è deceduto alle ore cinque
del mattino, la fotografia del gruppo dei miei antenati rinvenuta risale
all’agosto del 1905. Mentre non siamo in grado di precisare la data della
fotografia di mio zio, giovine sacerdote, quella di cui all’acclusa copia
pensiamo possa essere stata fatta nel 1945-46.
Ho potuto avere da Don Nicola… la fotografia del Santuario di Termini;
una migliore purtroppo non l’abbiamo. Mando anche la figura della Madonna; così
avrete modo di regolarvi. Vi ringrazio a nome di tutti i miei per quanto, con
tanta affettuosità, avete fatto e state facendo in memoria della felice memoria
di mio zio…
14. LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. ANTONIO
COSENTINO
Parrocchia
della Maddalena,
Catanzaro, 3 agosto 1965
Il Ricordo di un padre….
Il
descrivere la figura del pio Sacerdote D. Francesco Caruso, se da una parte
suscita nel mio animo benevoli ed amorosi ricordi, dall’altra desta po’ di
perplessità poiché temo di non poter delineare, come si conviene, la sua
persona. D. Francesco Caruso lo ebbi come Rettore nel seminario vescovile,
Padre Spirituale e Confessore negli anni della mia preparazione al Sacerdozio;
poi guida e sostegno nel mio ministero parrocchiale fino al 1942, quando il
turbine della guerra e la furia dei bombardamenti lo costrinsero ad
allontanarsi per sempre da Catanzaro. In tutte queste circostanze riscontrai in
Lui il vero Sacerdote di Cristo, l’Apostolo, il Consigliere saggio, prudente ed
umile. Ricordo negli anni del piccolo Seminario: Lo attendevamo con piacere
nelle ore della ricreazione, che egli passava sempre in mezzo a noi
seminaristi, conversando con noi e raccontandoci aneddoti e fatti, da cui egli
sapeva trarre quelle conclusioni ascetiche, che rimanevano impresse nel nostro
piccolo animo meglio di alte prediche. Lo ricordo confessore nel Seminario
S:Pio X, ove egli immancabilmente una volta la settimana veniva per un incontro
spirituale coi suoi penitenti: Non c’era verso che le intemperie, il freddo, il
caldo lo trattenesse dal salire, in quei tempi a piedi, la collina della
Madonna dei Cieli. Dopo aver passato un paio d’ore nel ministero delle
confessioni, ritornava solo nel buio della notte, per trovarsi nel suo
Seminario.- Benché pregato e sollecitato dal P. Rettore, mai accettò nelle
serate fredde e piovose dell’inverno a fermarsi nel Seminario S. Pio X e
passarvi la notte: Preferiva ritornare alla sua stanzetta, ove giungeva colle
vesti bagnate ed inzuppate d’acqua. Lo ebbi come guida negli anni del mio
ministero pastorale, anzi fu proprio in questo tempo che i nostri animi si sono
maggiormente compresi e direi quasi fusi, in un ideale: Lavorare, e lavorare
intensamente per il Signore e per le anime. Egli, che aveva conosciuto il
ministero parrocchiale (e chi non l’ha vissuto non lo potrà comprendere) nella
sua parrocchia di Sellia e della Stella in Catanzaro, comprendeva le nostre
ansie, ci incoraggiava, ci sosteneva, ci rialzava quando ci sentivamo prostrati
per terra ed abbattuti, come pure si rallegrava quando raccontavamo le
soddisfazioni avute nel nostro campo di lavoro. Dobbiamo in gran parte a Lui,
dopo la grazia del Signore, la formazione profonda, ferma, che ci ha sostenuto
e ci sostiene tuttora nel nostro sacerdozio : Lui, tante volte incompreso,
isolato, amareggiato, sofferente, ha saputo formare una generazione di
sacerdoti, che oggi colla loro intrepida fede, colla loro pietà, col loro zelo
tengono alta la bandiera nella nostra diocesi; Lavorano e si sacrificano per il
bene delle anime. La dipartita da Catanzaro, e specialmente la sua morte, fu una
grande perdita particolarmente per il Clero. Da allora si è avuto un vuoto, che
non si è più colmato. Il clero sente il bisogno di una guida, che lo sostenga
nel cammino, di un padre a cui aprire il cuore nelle ambasce e nei dolori. Non
c’à più la guida, non c’à più il padre, ma ci rimangono i suoi esempi di
fortezza, di virtu’, di santità, che ci animano nel nostro lavoro, ci
sostengono nelle ore tristi della incomprensione, dello scoraggiamento, delle
avversità. Fu fondatore di un’opera pia, la Casa di Carità dei SS. Cuori di
Gesù’ e Maria, che sorge sulla collina della Madonna dei cieli, ma anche in
quest’opera lavorò nell’ombra, nel silenzio, nell’umiltà’ più profonda. Non
volle mai comparire, non solo tra gli uomini, ma anche nelle costituzioni dell’Opera,
come il Fondatore dell’Opera stessa: si classificò in nominatamente come il
Sacerdote guida, consigliere, direttore spirituale senza la minima ingerenza
nel governo dell’Opera, che affidò, perché fiducioso, a persone da Lui stesso
formate alla vita spirituale. Non amò il suono di tromba, la propaganda
clamorosa dei giornali, le lodi degli uomini. Quante altre cose potremmo dire
del P. Caruso! Mi piace di raccontarle, perché sufficientemente sono state
messe in luce in queste pagine da S. E. Mons. Pullano, Vescovo di Patti, che fu
anch’egli suo discepolo ed ora giustamente sente il bisogno di cantarne i
meriti e le lodi. A Te, Padre Caruso, questo mio piccolo fiore di gratitudine.
- Dal cielo, ove tu certamente sei, guardami, proteggimi, benedicimi”.
15. LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. LUIGI
VERO,
Albi, 3
Agosto 1965
Rev.ma
e carissima Eccellenza, cordialmente plaudo alla Vostra iniziativa di divulgare
la figura del santo sacerdote D. Francescoantonio Caruso! Io lo ebbi come
Rettore dal 1914 al 1919, proprio durante il periodo cruciale della prima
guerra mondiale! Si chiamava allora, impropriamente, Seminario il grande
fabbricato di via Duomo; in effetti, era il Collegio Vescovile. Esso, infatti,
accoglieva ragazzi, di cui la gran parte non dimostrava alcuna tendenza verso
lo stato ecclesiastico. Si andava alle scuole statali del “Galluppi” in divisa
borghese, mentre la talare la si usava per le sacre funzioni in Cattedrale.
Eravamo, allora, un’ottantina di collegiali, in tutto, fra i piccolini, che
facevano la quarta elementare, i grandetti, che frequentavano le tre classi
inferiori del ginnasio e i grandi, che studiavano il ginnasio superiore!
Moltissimi di quei miei primi compagni li ho rivisti dopo, a distanza di tempo:
sono tutti ottimi cittadini! Non pochi hanno posti di grande responsabilità e
di direzione nella carriera civile, qualcuno anche in parlamento, altri
svolgono la loro attività come medici, avvocati, professori. Incontrandoci,
abbiamo riandato gli anni migliori della nostra giovinezza, abbiamo rievocato
la durezza della disciplina, la severità degli studi: tutti, senza eccezione
alcuna, hanno avuto parole di lode e di benedizione verso il Rettore! Se
volessi sintetizzare la sua opera educatrice direi che seppe unire, in mirabile
armonia, la fortezza d’animo del maestro con la dolcezza del tratto di un
padre! “Fortiter ac soaviter”: due avverbi che esprimono meglio di qualsiasi
altra frase, la vita di D. Caruso, educatore! E la santità dei suoi costumi, le
virtù che albergavano nel suo spirito, la delicatezza dei modi, anche quando
doveva rimproverare o punire, influivano, misteriosamente, nei nostri cuori
plasmandoli verso il bene! Parecchi sentimmo, allora, attraverso il profumo
della perfezione, che emanava senza infingimenti o fariseismi dal nostro
Rettore, la voce interiore che ci chiamava verso la sublime vetta del
Sacerdozio e la seguimmo! Quest’opera solerte, lenta, nascosta di D. Caruso
trasformava il collegio vescovile in Seminario, che, in seguito, sotto di Lui,
Direttore Spirituale, ha dato alla Diocesi di Catanzaro tanti ministri di Dio,
santi e dotti! Non dobbiamo, tuttavia, dimenticare, per amore alla verità, che
la fatica di D. Caruso venne, sempre, assecondata e incoraggiata, mentre egli
fu Rettore, da Mons. De Maria e, dopo, quando, per molti anni, diresse gli
alunni come Padre spirituale, da Mons. Fiorentini…
16. LETTERA-TESTIMONIANZA
DI SAC. SILVIO
LIARÒ
Campagnano (Roma) 3 agosto1965
Rimetto
un appunto sul caro P. Caruso. Non ricordo fatti particolare. La sua vita era
straordinaria per la sua semplicità e per il nascondimento. Tutto in lui
appariva normale e intanto… tutti lo cercavano, lo volevano…. v’era qualcosa
che a noi sfuggiva…. la santità. Il P. Caruso benedica il suo lavoro.
Conobbi
P. Caruso il 4.11.1923 allorquando varcai per la prima volta la soglia del
Seminario Vescovile di Catanzaro. Per tutto, il corso ginnasiale fu anche mio
professore di religione. Ho potuto apprezzare le sue doti di mente e di cuore.
La Direzione Spirituale ogni 15 giorni e la confessione settimanale apportarono
in poco tempo in me un mutamento straordinario. Per tre anni mi fece combattere
una passione predominante assicurandomi il successo e la vittoria… e così fu…..
La sera dopo cena quando veniva nella camerata si correva intorno a lui per
sentire i racconti di fatti…. Li esponeva con tanta vivacità e semplicità che
era un incanto. Al secondo anni di ginnasio 1924-1925 col consenso del Rettore
D. Fontevecchia, P. Caruso mi nominò sacrestano della Cappella del Seminario.
Ebbi modo così di avvicinarlo spesso ed era tanto contento quando riuscivo a
preparare e ornare l’altare secondo il suo desiderio. La sera tardi, la mattina
presto e nel primo pomeriggio lo trovavo sempre al suo posto in Cappella: un
inginocchiatoio sistemato a lato, dal quale sempre parlava a noi seminaristi.
Durante le vacanze un anno si portò per cambiamento di aria a S. Elia ed io
spesso mi recavo a trovarlo rimanendo a pranzo con lui. Un po’ di verdura e
della frutta era il suo cibo preferito. Al Seminario Regionale Pio X continuai
ad averlo come Direttore Spirituale e negli ultimi anni di teologia ero
designato a portargli il caffè durante l’intervallo delle confessioni. Il
venerdì lo rifiutava e alle mie insistenze ripeteva: bevilo tu per me; ed io
ogni venerdì sorbivo una tazza di caffè. Per futili motivi i Superiori mi
avevano rimandato a tempo indeterminato l’Ordinazione Sacerdotale e fu allora
che io mi rivolsi a P. Caruso. Egli parlò col Rettore P. De Maria e tutto si
risolse in bene. Nei primi anni del mio sacerdozio durante e dopo la guerra lo
incontravo a piedi scendere a Catanzaro da Pontepiccolo per confessare. Si
notava in lui tanta stanchezza… Sempre sorridente, mai s’infastidiva. Durante
la sua ultima malattia mi recai a Gasperina e lo trovai sofferente, ma calmo,
tranquillo e fiducioso in Dio e sperava di ritornare a Catanzaro alla sua Opera
ma….
17. LETTERA-TESTIMONIANZA
DI SAC. ELIA
DOMINIJANNI,
Soverato, 1 settembre 1965
Eccellenza
Rev.ma, Lodo e apprezzo il lavoro che V.E. si accinge a fare per darci una
biografia del Rev.mo Padre Francesco Caruso, da tutti ritenuto un Santo,
biografia che avrà certo successo e farà tanto bene alle anime. Del P.
Francesco Caruso, sotto la cui direzione spirituale sono stato appena pochi
mesi, ricordo la sua profonda pietà, la sua continua unione con Dio, che si
rifletteva esternamente nel suo volto angelico illuminato e nei suoi occhi
sempre bassi, la sua prudenza e saggezza nel parlare e dirigere le anime. Non
ricordo altro di particolare, per il breve tempo trascorso nel piccolo
Seminario di Catanzaro...
18.
LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. PAOLO
SORRENTI
Guardavalle, 2 settembre 1965
Eccellenza Reverendissima, si meraviglierà V. E. per il
notevole tempo che ho fatto passare prima di rispondere alla sua del giorno 8
agosto u.s., nonostante il pressante sollecito a farlo al più presto. Ho
cercato di riandare negli anni passati, per ricordare qualche episodio
particolare della vita del Rev.mo Can.D. Francesco Caruso, ma purtroppo non ho
trovato niente di rilevante. Eppure avrei voluto concorrere alla
glorificazione-non le sembri esagerato il termine-di quell’anima sacerdotale.
Fu mio padre spirituale per un anno, nel seminario Arcivescovile di Catanzaro.
Ricordo che era puntualissimo alla esortazione settimanale, che seguivamo con
vero entusiasmo, perché chiara, semplice e piena di unzione. Molti prendevano
appunti, per rileggerli poi a nostro agio e trarne spirituale profitto. Più di
una volta, quando ci parlava della devozione alla Madonna, lo vedevamo
piangere. Non so se potrà servire a lumeggiare il suo carattere, il seguente
episodio. Imponeva a tutti i seminaristi l’abitino della Madonna del Carmine.
Soltanto uno non volle venire all’altare, anzi si permise qualche osservazione
irreverente. P. Caruso interruppe lo svolgimento della funzione, piena di
sdegno, richiamò l’incauto, esigendo con le lagrime agli occhi, una riparazione
pubblica e immediata lì in cappella. Quella lagrime e quel volto rosso per la
commozione li ho ancora presenti. Ho ripreso i contatti cin P, Caruso solo dopo
l’ordinazione sacerdotale. Mi è stato di valido aiuto in quei primi – e per me
angosciosi – anni di sacerdozio. I disagi di quel tempo mi consentiva incontri
saltuarii, ad intervalli di 6 – 7 – mesi. Eppure devo tanto ai suoi consigli e
al suo esempio. Lo sapevo sofferente e tuttavia sempre mi accoglieva col
sorriso sulle labbra e soprattutto con grande spirito di comprensione. Più di
una volta per farmi coraggio, mi manifestava le sue lotte e le sue difficoltà.
Tanta era la sua umiltà e il suo desiderio di fare il bene alle anime. Secondo
lo spirito di S.Paolo, si faceva malato coi malati. Altra virtù che ho potuto
riscontrare in P. Caruso era una grande libertà di spirito. Non era affatto un
timoroso. Manifestava il suo pensiero, e ci esortava a manifestare il nostro, con forza e chiarezza,
pur col dovuto rispetto verso l’autorità. Lo vidi per l’ultima volta circa dieci
giorni prima della morte. Rassegnato dalla volontà di Dio, si rammaricava
soltanto di non poter celebrare la S.Messa, E i familiari dovevano stare
attenti, perché più di una volta, nel delirio della malattia voleva scendere
dal letto per andare a celebrare. Non ricordo altro. Sinceramente auguro il più
felice successo per il lavoro a cui V.E. si è dedicata. Il Signore, anche per
intercessione di P. Caruso, le sia largo di grazie e di benedizioni…
19.
LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. GIUSEPPE
TEDESCHI
Gimigliano, 20 ottobre1966
La
figura di Padre Caruso, come eravamo soliti chiamarlo, mi torna alla mente col
suo consueto atteggiamento umile ma elevato perché ispirante confidenza e
rispetto insieme. Nel dolce e costante ricordo della sua persona, che fu decoro
e vanto della Diocesi di Squillace e della Arcidiocesi di Catanzaro in
particolare, balzano vivi in noi che fummo i suoi allievi spirituali, mille
esempi in amore, austerità, sofferenza e preghiera, che aprirono il varco ai
primi germi della vocazione al sacerdozio, come avvenne per me nel primo
incontro con lui quando entrai nel Seminario all’età di 12 anni. Si sprigionava
dal suo volto, sempre luminoso benché sofferente, una forza tale da sospingerci
alla meta con gioia ed entusiasmo. Mi colpì nei primi anni di Seminario la
straordinaria mortificazione del suo corpo, che soleva chiamare asinello e che
sottometteva a continue macerazione di cilizi e catenelle che lo costringevano
a stare il più delle volte in piedi, nonostante le molteplici infermità di cui
soffriva. Mi riecheggiano ancora le sue preoccupazioni e sofferenze indicibili
che a noi, ancora piccoli, manifestava per il dilagare del male nel mondo che
causava grandi castighi di Dio. Erano gli anni trenta e le sue esortazioni
erano accorate quando ci diceva di pregare molto perché le dense nubi di guerra
che vedeva addensarsi sull’orizzonte avessero a dileguarsi. Ciò che
maggiormente mi colpì in una di queste circostanze furono le sue parole di
presagio a proposito di una profetica visione di S. Giovanni Bosco sul futuro
dell’Italia. Mentre parlava a noi giovanetti ignari delle profonde fratture
morali e sociali del mondo disse : “Il Papa apparirà per le vie di Roma e la
sua veste bianca sarà intrisa di sangue, mentre il cavallo russo si appresterà
a calpestarne il sacro suolo”. Non ho dimenticato più quelle parole profetiche
alla vigilia di quella nefasta guerra che buttò nel lutto l’Italia e l’Europa !
Padre Caruso vero Sacerdote di Cristo, diede un orientamento sicuro al nostro
sacerdozio fin da primi anni di seminario, ispirando la nostra vita a due
grandi amori: Gesù Eucaristia e la Madonna Immacolata.
20.
LETTERA-TESTIMONIANZA DI SUOR TERESA NAPOLI, Vicaria
generale delle Ancelle
Francescane Buon Pastore - Casa Generalizia- Via Vallelunga,10
Roma, 16 ottobre 1961
Ecc.za
Rev.ma, rispondo alla sua pregiata lettera per dirle quanto segue: il 15 marzo
1944 fui chiamata da Sua Ecc. Arcivescovo. Fiorentini pregandomi far la carità
di accogliere nel nostro istituto il Rev. Penitenziere D. Francesco Caruso non
avendolo potuto accogliere nessun altro Istituto di Catanzaro. Avendo io
sentito parlare in bene di questo Penitenziere Caruso, ed avendo necessità di
un Cappellano, perché eravamo senza per causa della guerra, pur essendo
disagiate per la ristrettezza dei locali, accettai senz’altro la preghiera di
Mons. Arcivescovo¸ ed ecco che mattina del 18 marzo 1944 il Can. D. Caruso
venne ben accolto nell’Istituto in Via Pontepiccolo di Catanzaro. Dal 1944 al
15 settembre 1949, epoca in cui ritornò in paese perché ammalato e bisognoso di
aria natia, ogni giorno impartiva lezioni catechistiche a tutta la comunità,
dava saggi consigli ed istruzioni per dare una salda formazione alla Suore.
Tutte le domeniche faceva l’ora di adorazione col S.S. esposto, recitando a
coro alternato, il Vespro della Madonna. Nutriva grande carità per tutti, forse
eccessiva, tanto che chiunque si presentava dicendo di volersi fare suora, al
fine di toglierle dai disagi e pericoli, ci costringeva di accettarle, non
guardando né mostruosità ne deformità fisiche, tanto che ancora abbiamo in
Comunità una suora eccessivamente zoppa ed una quasi deficiente. Era di una
pietà non comune e la sua compostezza in Cappella edificava chiunque lo
vedesse. Essendo la sua stanza attigua a quella delle suore, verso le ore 20 di
tutti i giorni, sentivamo i colpi della disciplina e tutte cercavamo stare
dietro la porta ad origliare. Il suo temperamento, per quanto dolce, era
altrettanto austero; quando diceva una cosa non si doveva transigere. Fu lui
che, mercé i buoni rapporti con sua Ecc.za l’Arcivescovo, ci fece ottenere
l’approvazione della Regola. Questo è tutto quanto posso in fede attestare.
21.
LETTERA-TESTIMONIANZA DI SUOR TERESA NAPOLI, Superiora
generale delle Ancelle
Francescane Buon Pastore - Casa Generalizia - Via Vallelunga,
Roma,
7 gennaio 1967
Ecc.za
Rev.ma, rispondo alla sua pregiata lettera per dirle quanto segue: il 15 marzo
1944 fui chiamata da Sua Ecc. Rev.ma Arcivescovo Fiorentini e fui pregata di
accogliere nel nostro Istituto il Rev. Penitenziere D. Francesco Caruso non
avendolo potuto accogliere nessun altro Istituto di Catanzaro. Ricordandomi di
aver sentito parlare tanto bene di questo Penitenziere Caruso, ed avendo
necessità di un Cappellano, pur essendo disagiata per la ristrettezza dei locali,
accettai la preghiera di Mons.
Arcivescovo, ed ecco che mattina del 18 marzo 1944 il Can. D. Caruso venne ben
accolto nell’Istituto in Via Pontepiccolo di Catanzaro. Dal 1944 al 15
settembre 1949, epoca in cui ritornò in paese presso i famigliari, perché
ammalato e bisognoso di aria natia, ogni giorno impartiva lezioni catechistiche
a tutta la comunità, dava saggi consigli ed istruzioni per dare una salda
formazione alla Suore: era puntualissimo negli orari, guai se qualcuna arrivava
in ritardo.Tutte le domeniche esponeva il SS.mo per l’ora di adorazione,
facendoci recitare a coro alternato, il Vespro della Madonna; per cui dovevamo
trovarci sempre ben preparate; desiderava che non mancasse mai alcuna Suora.,Il
suo temperamento, per quanto dolce, era altrettanto austero; quando diceva una
cosa non si doveva transigere. Era di una pietà non comune e la sua compostezza
in Cappella edificava chiunque lo vedesse.
Nutriva grande carità per tutti. Quando qualcuna si presentava per
volersi fare suora e mostrava inclinazione allo stato religioso, al fine di
toglierla dai disagi e pericoli, ci invitava ad accettarla. Il 2 aprile 1945,
suo giorno onomastico, essendo in pericolo di guerra e non avendo nulla di
buono da potergli offrire, gli presentai con gli auguri una saponetta, ma egli
non mostrò di gradirla per aver mancato al voto di povertà. Essendo la sua
stanza attigua a quella delle suore, verso le ore 20 di tutti i giorni,
sentivamo i colpi della disciplina e tutte cercavamo di stare dietro la porta
per origliare. Un giorno, dopo essere uscito dalla casa per portarsi in città,
tornò indietro perché si era ricordato di non aver nascosto gli strumenti di
penitenza. Proprio in quel momento io ed un’altra Suora meravigliate stavamo
osservando la cintura tutta piena di punte di spille e la catenella con cui
faceva la disciplina. Vistolo tornare di corsa siamo uscite dalla sua stanza
per non dargli soggezione. Ogni qualvolta si entrava in camera lo si trovava
quasi sempre in ginocchio con la corona a pregare dinanzi al Crocifisso.
Ricordo che tutti i giorni faceva un percorso di 4 Km (andata e ritorno), da
Pontepiccolo a Catanzaro per recarsi in Cattedrale per le confessioni senza mai
servirsi della Tranvia, camminando sempre al sole di estate ed al fresco d’inverno:
richiesto da me perché non andava dalla parte opposta per avere maggiore
riguardo alla sua salute, mi rispose che, le anime del Purgatorio hanno tanto
bisogno di suffragi e dobbiamo essere noi ad aiutarle con piccole
mortificazioni. Fu lui che, mercé i buoni rapporti con S. E. Arcivescovo, ci
fece ottenere l’approvazione della prima Regola, che conserviamo tuttora in
cassaforte come una reliquia. Le Suore che abbiamo avuto la fortuna di
conoscere e praticare P. Caruso ed essere state formate da Lui, quando ne
parliamo, ci sentiamo tutte infervorate e dobbiamo anche attribuire alle sue
preghiere l’incremento che ha preso l’Istituto, che molto si attende dalla Sua
intercessione presso Dio. Questo è tutto quanto posso in fede attestare con
tutta verità.
22. LETTERA-TESTIMONIANZA
DI SAC. Federico
Talarico,
Parroco di S. Maria de Figulis, “Vulgo Montecorvino”.
Catanzaro 26 ottobre 1965
Ecc.za
Rev.ma e Ill.ma, i suoi venerati scritti mi pervengono sempre molto graditi e,
pertanto, La ringrazio dell’ultima lettera, nella quale mi chiede, per la
secondo volta, notizie e impressioni mie personali sulla meravigliosa e santa
vita di Padre Francesco Caruso, di venerata memoria. Al riguardo sento in
coscienza di doverle scrivere che, riandando ai miei cinque anni, trascorsi nel
piccolo seminario diocesano, per le classi ginnasiali, il ricordo più bello e
quindi indelebilmente scolpito nella mia anima senza dubbio è quello del Padre
spirituale don Francesco Caruso. Lo ricordo sempre sereno e con un accenno di
un dolce sorriso sulle labbra, pur nella sua ieratica compostezza e nonostante
le sue molteplici sofferenze fisiche e morali. Il Padre spirituale era sempre
pronto ad accogliere, nel suo sempre ordinatissimo studiolo, noi seminaristi
per le confessioni settimanali e per la sua oculata santa direzione spirituale
o per dei colloqui volontari. Egli ci curava tutti ed anche singolarmente,
chiamandoci, quando non si andava nei turni settimanali. Pur essendo santamente
austero nei suoi tratti, egli spesso sentiva il bisogno di venire nelle nostre
ricreazioni per avere la possibilità di conoscerci meglio attraverso la
spontaneità dei nostri giochi infantili e per raccontarci qualche fatto
edificante, tratto dalla vita di qualche santo o di qualche persona vivente di
vita edificante, come per esempio di Padre Pio da Pietrelcina, che egli tanto
stimava. Voleva poi che ognuno di noi seminaristi avesse un compagno correttore
scelto da noi stessi e pretendeva rigorosamente che si ascoltassero le
ammonizioni di detto compagno e si fosse sinceri ed esperti nel correggere
senza vani e ipocriti infingimenti. Come celebrava santamente la S. Messa Padre
Caruso e come pregava bene ! Era secondo il mio umilissimo e insignificante
giudizio, un santo e un grande santo. Era il parafulmine del Seminario, non
solo, ma della città di Catanzaro e dell’intera diocesi. Ricordo che spesso ci
inculcava la devozione alle anime sante del Purgatorio e ci diceva che Lui ne
era devotissimo e che ne aveva varie volte sperimentato sensibilmente la loro
potente intercessione. Quella corona tra le mani quando confessava o camminava
nei corridoi era il suo più bel ornamento. Devo dirle che il suo interessamento
per noi, suoi figli spirituali del piccolo seminario, continuava anche quando
eravamo alunni dei seminari regionali ed ancora anche quando eravamo sacerdoti.
Ho tanto cercato nelle mie carte, per trovare una cartolina postale di Padre
Caruso, scrittami a Carlopoli, nei primissimi anni del mio sacerdozio e
apostolato. Egli aveva saputo che avevo iniziato un’operetta di giovani
consacrate alla Madonna di Fatima, con la collaborazione di una superiora
siciliana. Preoccupato della delicatezza e delle responsabilità inerenti alla
pia istituzione e, conoscendo la mia giovanile inesperienza ed immaturità,
sentiva il bisogno di avvertirmi a stare attento e aprire gli occhi con quante
si davano l’aria di fondatrici ma che fondavano istituti a proprio uso e
consumo, senza averne da Dio la particolare chiamata e senza le doti
soprannaturali di vera ed autentica santità. Tali raccomandazioni, se fossero
state da me valorizzate, mi avrebbero fatto evitare tante delusioni, tanti
incresciosi fastidi e tante lagrime amare. Ecc.za Rev.ma, Le chiedo perdono di
averle scritto tanto poco e tanto male, ma l’E.V. sa bene che non sono mai
stato uno scrittore. Ho scritto però col cuore, nel desiderio modestamente di
contribuire alla causa di canonizzazione di un grande mio benefattore e di un
autentico santo. Di quando in quando vado a Gasperina e, passando dal cimitero,
mi fermo sempre a pregare sulla tomba, che custodisce i resti mortali di P.
Caruso…
23. LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. PAOLO
AIELLO
Catanzaro, 28 novembre1965
Eccellenza
Rev.ma, Le chiedo, innanzitutto, scuse vivissime per la mia mancata risposta
alle sue calde e insistenti richieste di notizie intorno al Sac. Padre Caruso
Francesco. Le posso attestare che Egli fu mio confessore e direttore
spirituale, maestro sicuro, carico di esperienza ascetica e mistica,
quotidianamente provato e saggiato dallo “stimulus” paolino; uomo,
costantemente comprensivo dei limiti e delle cedevolezze umani, fiducioso
nell’inesauribile capacità di ripresa dell’adolescente e del giovine. Non gli
sfuggiva né lo sviluppo delle passioni, né il gioco degli istinti, né la voce e
l’espressione dei sensi: verso il mondo istintivo aveva comprensione serena e
positiva, mai indulgenza che confondesse la linea demarcante tra bene e male.
Il “si si”, il “no no” evangelico non gli impediva l’intelligenza delle
innumerevoli posizioni intermedie, nel cui ballottaggio si svolge l’animo
dell’uomo. Posso dire che devo a lui il mio sacerdozio; non sarei sacerdote,
oggi, senza la guida di lui; nel 1938, a chiusura d’anno scolastico,
concludendosi per me il corso liceale al seminario regionale Pio XI di Reggio
Calabria, sfociai nell’ateismo, perché subii il fascino della filosofia
gentiliana. Mi convinsi, a mio modo, che Dio non esistesse, o per lo meno che
Dio non fosse come lo poneva la concezione cattolica. Si aggiunga la debole,
impari difesa di Dio del testo e del professore del tempo, di fronte alle
audaci posizioni suasive dell’attualismo di Giovanni Gentile e dello storicismo
assoluto di B. Croce, e allora si comprende come io, per errore di
prospettazione e di centralizzazione del problema di Dio, mi allontanai dal Dio
cattolicamente inteso e debolmente “presentato” dall’insegnamento, fatto
facilonisticamente, cioè senza neppur l’ombra dell’avvertenza di un necessario
apparato critico. All’insegnante del tempo, se non mancò la volontà di difesa
di Dio, filosoficamente, venne meno l’esigenza dello studio critico. Pertanto,
fui espulso dal seminario, come ateo, dal Rettore P. Pedàce, gesuita, d’accordo
e d’intesa con l’arcivescovo Mons. Giovanni Fiorentini. Prima dell’espulsione,
per due mesi fui isolato per non turbare la serenità spirituale dei miei
compagni, la maggior parte personalmente impegnata nel dubbio di Dio, e stetti
solo in una stanza, senza vivere più la vita di camerata. Il mio padre
spirituale, venuto a conoscenza della mia crisi, stette muto in un
atteggiamento di silenzio rispettosissimo delle mie nuove posizioni. Mi
raccomandò solo “sincerità con me stesso
ed onestà intellettuale nell’indagine”. Non tornando più in seminario,
mantenni con lui un carteggio epistolare che è andato smarrito. Ascoltando le
voci dell’orgoglio, non scrissi più e chiesi, a titolo di curiosità, di avere
dei colloqui, che divennero frequenti, con il Rettore del “Pio X” Padre
Iollain, polacco. Conobbi, poi, il filosofo convertito, Antonio Lombardi,
autore di poderosi libri, autorevoli nel campo della speculazione. Riammesso al
seminario regionale di Catanzaro per il corso teologico, dopo il permesso
chiesto ed ottenuto dal Dicastero competente di Roma, in via delicata e cauta,
fui continuamente seguito dal filosofo Lombardi e dal padre Caruso, che in
giorni diversi avevano la bontà di salire dalla città per venirmi a trovare.
Dopo l’incendio che distrusse totalmente il Seminario, passai di nuovo al
Regionale di Reggio: qui si fecero più rade le occasioni di dialogo con il mio
padre spirituale, Caruso, ma vennero supplite dai colloqui con l’Arcivescovo
Enrico Montalbetti, mio secondo direttore spirituale. Non avvertii nessun
brusco passaggio, perché, seppur in forma diversa, sostanzialmente la linea
Caruso collimava con quella del sullodato Arcivescovo di santa memoria. Presi
messa il 13 giugno 1943, domenica di pentecoste. Era presente padre Caruso,
che, subito dopo la mia ordinazione, mi presentò alcune signore dell’ “Opus
Vocationum”, sconosciute anime apostoliche, impegnate nella silenziosa opera
soccorritrice delle vocazioni dei giovani economicamente disagiati. Continuai,
dopo, da sacerdote a confessarmi con lui. Andavamo a trovarlo, dopo la guerra,
all’Istituto delle Ancelle del buon pastore, nella solitaria dimora
dell’altipiano di Pontepiccolo, col filosofo Lombardi ed altri amici (questi
ultimi, pochi, ma inquieti e incerti spiritualmente). Non si andava per fargli visita,
ma perché se ne aveva bisogno: e vi si andava singolarmente e privatamente,
spinti ognuno dai propri bisogni dell’anima. Ricordo che una volta - io già
sacerdote - Padre Caruso mi chiese di ascoltare la sua confessione. Ma io mi
rifiutai decisamente, diventando rosso e pallido. Ma egli insistette
persuadendomi che io, rifiutando, indulgevo all’orgoglio. E così ascoltai la
confessione di lui: mi sentii confuso, ma ebbi la fortuna di sapere come vivono
davvero gli uomini degni e santi: ne tornai rifatto. Credo che uno dei tanti
mezzi, rari, per essere meno cattivo sia quello di confessare un “santo”.
Inchiodato al confessionale, egli recuperava a Cristo ora la mente ora il
cuore, ora il sentimento, ora la fiducia. Sebbene cagionevole di salute,
tuttavia non faceva pesare ad alcuno i suoi malesseri che non gli lasciavano
mai un momento di quiete o di pausa. Devo a lui la mia sanità fisica del mio
organismo, perché con denaro suo e con le maniere più belle mi forniva i più
indicati rimedi terapeutici, come i fermenti lattici , altri ricostituenti
ecc….. È impossibile dire della sua
preoccupazione della salute del corpo e dell’anima dei suoi diretti
spirituali. Come dimenticare la sua
presenza, dopo pranzo, in mezzo a noi ginnasiali!... Ricordo ancora benino il
gioco degli scacchi, imparato da lui; nelle varie perdite, nei vari movimenti,
nelle vittorie intercalava un’idea, un’alta idea di bene, così, giocando. Oggi
non gioco più a scacchi o ai birilli: non c’è più lui. Quanto sarebbe bello
giocare, specie coi santi.
Io
chiedo scusa e perdono. Mi creda, dev.mo Sacerdote penitenziere.
P.S.
Ci sono molte altre cose. Ma chi ha il tempo! Me le porterò con me nell’aldilà!
24. LETTERA-TESTIMONIANZA
DI SAC. GIUSEPPE
COGNETTI,
Parrocchia
“S. Maria Assunta”.
Zagarise,
27 luglio 1965
Cara
Eccellenza, Vi scrivo da Guardia Piemontese dove mi trovo per ragioni di salute
e rispondo alla vostra lettera con la quale voi mi chiedete notizie sulla vita
di Padre Caruso. Io Padre Caruso l’ho avuto prima come rettore e poi come Padre
Spirituale e confessore. Devo con tutta coscienza attestare che possedette, in
un modo non comune, una vita profondamente interiore; dando a noi un esempio
fulgido di vita sacerdotale; fu sempre coerente in ogni tempo e con tutti,
senza alcuna distinzione, ai suoi principi ed alla sua fede; mentre nello
stesso tempo aveva una comprensione umana verso tutti, specie verso chi
mancava. Conoscitore del cuore dell’uomo, specie dei giovani, fu maestro nella
direzione delle coscienze; il suo grande impegno fu questo “formare delle
coscienze cristiane e sacerdotali tutte di un pezzo. Soffrì molto, anzi
moltissimo nello spirito; sofferenze nascoste che non rivelava a nessuno.
Lavorò nel silenzio e nell’umiltà. Da parte di tutti godeva di fama di un uomo
di virtù eccezionali. Il confessionale fu il campo del suo apostolato; e passava giornate intere nell’esercizio di
tale ministero. Plaudo a voi che vi accingete a scrivere la sua vita; e vi
prego di farmela leggere. Ci farà tanto bene, noi che ci siamo allontanati dai
suoi insegnamenti e dai suoi esempi.
25. LETTERA-TESTIMONIANZA
DI SAC. GIUSEPPE CAPORALE,
S. Caterina del
Jonio, 20 agosto 1965
Ecc.za Rev.ma, ho ricevuto ieri la
vostra, tanto gradita, lettera e ben potete immaginare con quanto piacere Vi
faccio una breve relazione su D. Caruso. L’ho conosciuto pochissimo come ho
detto nella stessa relazione, ma ne godo tanto sapere che la sua figura
sacerdotale è viva e che voi abbiate già preparato la sua biografia. Ho passato
la notizia anche a D. Peppino Lazzaro, che lo conobbe più e meglio di me,
perché allora D. Caruso andava periodicamente a Squillace per la direzione dei
piccoli seminaristi. Se mi preparerà anche lui qualche appuntino Ve lo
accluderò; penso che vi sarà fervidamente gradito….Ho aspettato invano fino a
oggi la relazione di D. Peppino Lazzaro: dato che non si decide a rispondere
penso di mandarvi la mia. Ho compiuto il
quinto anno di studi ginnasiali nel Seminario Arcivescovile di Catanzaro (anno
scol. 1933-34). Fu quello un anno disastroso per la mia salute fisica, perché
mi sono ammalato gravemente e fui assente dal Seminario parecchio tempo; ma fu
un anno ubertoso e fecondo per la mia formazione spirituale, perché ebbi la
fortuna di avere quale Direttore di spirito quel santo uomo che fu il Can /D.
Francesco Caruso: anima grande figura granitica, formatore e plasmatore di
coscienze sacerdotali. Già fin da quando ero nel Seminario di Squillace ne
avevo sentito parlare come di un Sacerdote santo ed esemplare; e segretamente
avevo nutrito il desiderio di conoscerlo. Fin dai primi contatti mi accorsi,
nella mia piccola capacità, che mi trovavo davanti ad una anima eletta, davanti
a colui che impersonava l’ideale della vita sacerdotale. Ebbi subito
confidenza, lo frequentavo spesso e mi sentivo onorato e soddisfatto quando
potevo fare una passeggiatina con lui, specialmente nel Seminario estivo di
Carlopoli. Pendevo dal suo labro, ascoltavo il suo discorso, piano, placato,
angelico. Guardava spesso il cielo ed il suo parlare era del cielo. Doveva
soffrire molto, sia fisicamente, sia moralmente per le incomprensioni degli
altri; ma non si lasciò mai sorprendere e conoscere in tale atteggiamento.
Sapeva ben nascondere il dolore ed offrirlo in olocausto al Signore. Era
mortificatissimo. Nella celebrazione della S. Messa traspariva il profumo della
sua santità, si trasumanava, si notava il contatto con Dio, lo si sarebbe detto
in estasi e in rapimento spirituale. Settimanalmente ci teneva la sua
istruzione formativa: sapeva così bene adattarsi alla nostra capienza di
piccoli seminaristi, era così chiaro, profondo ed incisivo, che ancor oggi
ricordo le sue brevi istruzioni, pieni di vera unzione sacerdotale. Ho
appuntato qualche idea nel mio libretto spirituale e spesso consultandolo, ne
trovo tanto bene. Ripeto, l’ho conosciuto ben poco, appena pochi mesi, ma la
scia luminosa che ha lasciato nel mio spirito, non si è mai più cancellata.
26. LETTERA-TESTIMONIANZA
DI SAC. TINELLO GENNARO
Settingiano, 15 luglio 1965
Eccellenza Reverendissima,La ringrazio
di cuore per avermi offerto l’occasione di ricordare la “cara figura paterna”,
dell’indimenticato e santo nostro Padre Spirituale, Can. Francesco Caruso. Quando nel lontano ottobre del 1925 entrai
nel Seminario Arcivescovile di Catanzaro, fra gli altri Superiori che si
interessavano di me il più premuroso fu senza dubbio P. Caruso, il quale col
sorriso sulle labbra, con una gioia che gli sprizzava dagli occhi, mi si
avvicinò, mi domandò nome, cognome, mi consolò, stette con noi, nuovi arrivati,
ci parlò amorevolmente della grazie che avevamo ricevuto e ci esortò all’amore
di Dio e della Madonna. Ogni tre sere poi passava per la nostra camerata e ci
raccontava le vite dei santi e ci spronava alla loro imitazione, specie di S.
Luigi e di Domenico Savio. La confidenza se l’era conquistata, ed allora le
nostre confessioni erano curate scrupolosamente ogni settimana, e la nostra
Direzione Spirituale. Che gioia uscire dalla sua cameretta con un nuovo
proposito di santità dopo la benedizione. Ci pregava santamente di scrivergli
durante le vacanze e relazionare sui famosi dieci propositi… e che consolazione
grande ricevere la sua lettera di risposta piena di incoraggiamenti e di
esortazioni. Era tanta e tale l’arte della sua direzione spirituale che non la
lasciammo mai, finché visse, seguendolo sempre nel Seminario piccolo, nel S.
Pio X e poi ordinati sacerdoti. Caddi ammalato gravemente, ero bisognoso di
tutto e ricordo che con umiltà si offrì di comprarmi alcuni medicine. Guarito
per grazia di Dio e della Vergine di Lourdes, mi imprestò alcuni libri di
studio specie di Morale. Era verso di tutti d’una comprensione e di una carità
veramente sacerdotale e secondo il Cuore di Gesù, la cui devozione era il suo
assillo. Era un santo.
27. LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. GREGORIO PROCOPIO,
Gasperina, 23 dicembre 1961
Eccellenza Reverendissima, rinnovo
vivissime scuse se Le rimetto con ritardo l’accluso foglietto, essendo stato
ammalato per parecchi giorni. Credo che le notizie che Le fornisco, notizie che
si riferiscono soltanto all’attività spirituale svolta dall’indimenticabile Don
Francesco Caruso in Gasperina, durante il periodo delle vacanze estive, Le
saranno utili per il lavoro che intende compilare...
Ebbi rapporti di cordiale amicizia con
la santa memoria di Don Francescantonio Caruso dopo il suo rientro in famiglia
dal servizio militare. Nei nostri frequenti incontri che ebbero luogo
esclusivamente nel periodo in cui anche io tornavo a casa dal Seminario per le
vacanze estive, ricetti l’impressione di trovarmi alla presenza di un giovine
di eccezionali virtù morali. Quantunque egli fosse allora un semplice borghese,
ascoltava ogni giorno con visibile pietà e in ginocchio la S. Messa, si
accostava alla S. Comunione e nelle funzioni serotine recitava con i fedeli il
S. Rosario. Alle pratiche di pietà
aggiungeva un’intensa applicazione allo studio, perché desiderava di
realizzare un’antica sua aspirazione: l’ascensione al Sacerdozio. Infatti, un
giorno mi confidò di aver avanzato domanda al Rettore del Seminario di
Squillace per essere ammesso in quel sacro Istituto. La domanda venne respinta
per l’età adulta dell’aspirante. Allora egli, sebbene a malincuore, si rivolse
al Vescovo di Catanzaro, che non solo l’ammise in quel Seminario ma ne accettò
la di lui incardinazione in quella diocesi, dove si trasferì definitivamente.
Riallacciai i rapporti di fraterna amicizia col Rev. Caruso dopo la sua
ascensione al Sacerdozio e sempre nel periodo delle vacanze estive, che ben
volentieri egli trascorreva in famiglia. In quei due mesi constatai che don
Caruso era sempre e soprattutto un sacerdote piissimo. La pietà era l’anima
della sua vita, e credo di non errare se affermo che la pietà fu l’ispirazione
e la madre di tutte le sue virtù; tra le quali splendeva particolarmente
un’angelica purità che gli abbelliva la persona di una singolare modestia. Ma
la pietà del dolcissimo amico brillava soprattutto nella celebrazione della S.
Messa e nella spiegazione del santo Vangelo che teneva nei giorni festivi. Che
contegno dignitoso, che modestia, che compostezza nelle sacre cerimonie! Egli
saliva l’altare santamente compenetrato del tremendo mistero che andava a
celebrare e la sua Messa era una eloquentissima predica. Nella spiegazione del
Vangelo attingeva largamente alle limpide e ricche fonti della sacra Scrittura
e dei Padri; le sue omelie erano istruttive e semplici, soprattutto però nelle
sue parole splendeva una sua pietà, un fervore che si comunicava agli
ascoltanti, i quali si persuadevano facilmente che colui che parlava, doveva
essere un sacerdote tutto di Dio. Questo prete è un Santo, dicevano parecchi
dei miei concittadini, e non esageravano, perché la santità si impone sempre e
più di sempre quando è aureolata di purezza, di sacrificio, di carità e di
zelo. Di zelo soprattutto, che rifulse di luce meridiana nell’esercizio
dell’arduo ministero della Confessione. Allorché Don Francescantonio Caruso
lasciava Catanzaro, dopo le feste patronali di S. Vitaliano, e rientrava in
famiglia per concedersi il meritato riposo mai si rifiutò di ascoltare le
confessioni di quanti ne avessero bisogno. E quanti ebbero la fortuna di averlo
temporaneamente a maestro di pietà, ricordano quale soave incanto avesse la sua
parola e con quanta dolcezza curasse le piaghe più profonde del cuore umano.
Ricco di quella sapienza che è immagine della bontà divina, anziché la severità
di un giudice, egli usava tutta la tenerezza di una paternità la più
affettuosa, la più espansiva, la più incoraggiante che dissipava le nubi della
disperazione, che incuorava a più ardui sacrifici che sollevava lo Spirito alle
serene ragioni dell’amore e della speranza. È frutto del suo zelo l’istituzione
del Terzo Ordine di S. Domenico di Gusman, vero cenacolo di anime elette, che
formate, plasmate da lui, vivono dello spirito di Colui che fu di cherubica luce uno splendore, e diffondono
ovunque il buono odore di Cristo, contribuendo così al vero progresso morale e
spirituale del loro paese. Alla di lui benefica attività spirituale si deve
attribuire la santa decisione di altre 18 ragazze della mia Gasperina, che
hanno dato un addio al mondo e si sono consacrate con modo indissolubile al
Signore. Potrei aggiungere qui altre testimonianze per lumeggiare meglio la
personalità del santo Sacerdote, ma il dovere del sigillo sacramentale mi
impone il più assoluto riserbo. Posso affermare in coscienza, che Don
Francescantonio Caruso visse ed operò sempre sicut bonus miles Christi. Prostrato dalla malattia che l’aveva
colpito sin dai primi anni del sacerdozio, malattia che sopportò con
edificante, cristiana rassegnazione, nel 1959 si era ritirato in Gasperina,
fiducioso che l’aria natia e le cure dei familiari gli avessero restituito la
salute; ma il Signore nei suoi imperscrutabili disegni, dispose che il servo
buono e fedele andasse a ricevere il premio dei giusti. Assalito a morte dalla
recrudescenza del male, la mattina del 18 ottobre 1951, lentamente, quasi
lampada cui manchi anche una sola lacrima di olio, Don Francescantonio Caruso
si addormentava sul cuore di Cristo.
28. LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. BRUNO ALFREDO, senza data
Ecc. za Rev.ma, ho ricevuto la vostra
ultima lettera, ma di precedenti vostre lettere non sono a conoscenza. Mentre
lodo il vostro zelo nel mettere in risalto la figura del beneamato nostro Padre
Spirituale Can. Caruso, non saprei quali novità potessi io rivelare a suo
riguardo, se non quelle impressioni e notizie di comune dominio tra noi che
fummo suoi alunni prima, e penitenti dopo. Il culmine della virtù credo che fu
raggiunto da P. Caruso dopo che io lasciai Catanzaro per Roma, nel 1928, a
causa degli studi, e poi… Da questa data i miei contatti con lui e con la
Diocesi furono rari ed occasionali. Mentre contatti con V. Ecc. e con gli altri
sacerdoti della Diocesi, credo che furono continui sino al giorno della sua
morte. Una impressione benevole fu il suo attaccamento
al Confessionale della Cattedrale e la sua pazienza nel sopportare le continue
frasi pungenti che il Can. Pittelli
sbraitavagli contro durante le funzioni sacre in Duomo; frasi che
dileggiavano la pietà e compostezza del Canonico Caruso durante le cerimonie
sacre nel Duomo, specie durante la settimana santa. Io guardavo P. Caruso per
vedere se reagisse - invece nessuna reazione contro il Can Pittelli - magari
arrossiva in faccia, ma taceva e sopportava. Ricordo poi con piacere la sua figura
santa confondersi con noi seminaristi durante le ricreazioni in cortile
passeggiando con noi che gli proponevamo diversi problemi, non escluso quello
politico attuale del fascismo, che lui avversava dal profondo del cuore, perché oppressore delle libertà e
per i metodi di lotta con cui si impose e si manteneva in sella di comando.
Ricordo che ci portava e commentava, nelle ricreazioni, “L’Asino” settimanale
di caricature d’ispirazione del Partito Popolare di Don Sturzo, contro il
fascismo. Come Padre Spirituale, era d’una azione educatrice non comune: La
Direzione Spirituale del Caruso mirava a plasmare gli animi di noi adolescenti
alla virtù mediante l’esame particolare sopra il difetto predominante, col
metodo di segnare su un pezzo di carta quante volte al giorno eravamo caduti in
quello. Come confessore, ai miei dubbi sulla mia vocazione, nel Seminario PIO
X°, volle che io mi manifestassi ad un altro confessore per timore che lui,
conoscendomi da piccolo, potesse essere, spinto da sentimenti benevoli verso di
me, ad un giudizio buono disinteressato al mio riguardo. Cosa che io feci e Lui
ne rimase soddisfatto del buon esito…
29.
LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. Antonio Mercurio.
Montauro,
12 febbraio 1963
Mio
carissimo Peppino ed Ecc.mo Monsignore,
graditi mi sono giunti i Bollettini della Vostra Diocesi, e più ancora la
Vostra gentile ed affettuosa lettera. Se volete
esatte e precise informazioni nei riguardi di Mons. Caruso, morto in fama di santità, scrivete al Can. D.
Vincenzo Raspa. E’ di Gasperina; e da più anni è cancelliere della Curia
Vescovile di Squillace. Egli vi potrà dare ogni esatta notizia. Posso dirvi che
Mons. Marisciani è stato qui a Montauro in Santa Visita nel 1895. Nel 1904
venne in Santa Visita Mons. Festa, Vescovo ausiliare. Mi pare che in quel tempo
sia stato Rettore del seminario il Canonico
Caudemi da Stilo. Scrivete insomma al Can. Raspa ed avrete certamente
ogni notizia…
30.
LETTERA DI ANGELINA PAPUCCI,
Gasperina,
22 dicembre 1963
Ecc.
Rev ma, giorni addietro il Sig. Serafino Caruso mi ha mandato la copia del
testamento per farla pervenire a V. Eccellenza. La spedisco con alcuni giorni
di ritardo perché sono stata ammalata…
31.
LETTERA-TESTIMONIANZA
DI SAC. VIRGILIO TARANTINO,
Pentone,
20 ottobre 1966
Ricordando
D. Francesco Caruso: La figura semplice ma luminosa del Can. D. Francesco
Caruso è rimasta sempre scolpita nella mia mente e nel mio cuore, durante la
mia vita sacerdotale. Lo ebbi come primo Rettore di seminario e poi come Padre
spirituale, che sapientemente plasmò il mio animo coltivando con premura e
costanza i germi della mia vocazione. I suoi preziosi consigli e insegnamenti
sono stati la norma e la regola del mio ministero pastorale con risultati
soddisfacenti. Lo ricordo sempre come uomo di profonda fede, sacerdote
illibato. La sua pietà era molto sentita; la sua umiltà era da tutti ammirata.
Il suo zelo non conosceva limiti: non ammetteva riguardi alla sua salute, che
da tanto tempo era seriamente minata. Mirabile la sua assiduità al tribunale di
penitenza da dove irradiò le sue singolari doti di padre, di maestro, di guida
delle coscienze. La sua esistenza ha lasciato una vera dovizia di sacerdoti
virtuosi e larga eredità di stima e di affetto. Oh! Quanto sarebbe desiderabile
che noi ministri di Dio seguissimo le fulgide orme tracciate da questo santo
prete.
32.
LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. TOMMASO ARROTTA,
Arciprete
di S. Barbara di Taverna
Taverna,
27 luglio 1965
Ecc.
Rev.ma, rientrando in sede ho trovato la sua gentile lettera del 14 u.s. Prot.
N°437/65 ed eccomi a lei trasmettendole i miei ricordi sull’indimenticabile P.
Spirituale Can. Francesco Caruso. Plaudo alla bella iniziativa e mi auguro di
vedere il lavoro al più presto fra le mani di tutti, specie delle anime che si
avviano al sacerdozio e della nostra gioventù…
Fu un gran
giorno per me il 27 ottobre 1927 quando misi piede in Seminario accompagnato,
incoraggiato e benedetto dal mio indimenticabile Parroco Mons. Fotevecchia che
fu anche mio primo Rettore e Professore di matematica. Salii la breve scala che
dalla portineria conduceva al primo piano e mi trovai subito di fronte ad un’altra scala che conduceva al piano
superiore, ove aveva sede il Convitto
Arcivescovile, e che lambiva il mobile di un orologio a pendolo. Proprio in
quel momento scendeva - caso o provvidenza - un sacerdote calmo, attempato,
tutto sorriso e a capo chino. Il suo atteggiamento mi portò di colpo a pensare
a S. Alfonso della Chiesa dell’Immacolata di Catanzaro; affinità che mi si è
sempre più radicata nella mente. Per me vedere S. Alfonso o lui valeva la
stessa cosa: identici i lineamenti (almeno per me), la posizione e… il S.
Alfonso avesse potuto operare… identico in tutto. Ancora oggi, entrando
nell’Immacolata provo gli stessi sentimenti. Mi pose una mano sul capo e,
comprendendo bene di trovarsi davanti ad un nuovo arrivato nella vigna del
Signore, mi disse: stai contento, sarò sempre a tua disposizione… avremo modo
di conoscerci. Seppi subito di essermi trovato col P. Spirituale Can. D.
Francesco Caruso, Penitenziere della Cattedrale di Catanzaro. E ci conoscemmo
sul serio e bene nei cinque anni che lo ebbi a Direttore della mia vita
spirituale. Ispirava fiducia e non gli si poteva negare o tacere niente tanto
era la sua fede, la sua comprensione, la sua umiltà, la sua sollecitudine non solo
nei bisogni spirituali, ma anche nei materiali. Curava tutti come tenere
pianticelle e sapeva a tempo opportuno innaffiare, estirpare, innestare e
vivificare. Quante ore liete passava in mezzo a noi, specie la sera: con i sui
racconti non solo dilettava, ma seminava e - a tempo opportuno - ne raccoglieva
i frutti. Avevo acquistato una certa dimestichezza col passare degli anni, sia
perché ero prefetto, anche al Convitto, e sia perché avevo modo di servirlo a
tavola, data la mia posizione a refettorio, cioè vicino alla “Ruota”. Ho potuto
così da vicino osservare anche il suo spirito di penitenza. Infatti, spesso o
quasi sempre si privava del necessario, esortandomi a mangiarlo io o a farlo
mangiare a qualche altro. Che cosa dire delle belle meditazioni dettate in
cappella e della S. Messa che celebrava
per noi seminaristi ogni giorno? Misticità e fede nel dire e nell’operare; e
ciò senza falsificazioni di sorta: effusione schietta, serena e naturale di
un’anima che badava unicamente al bene di tutti e singoli. La sua figura non si
è spenta mai e mai si è cancellata la sua memoria da chi ha avuto modo di
avvicinarlo, di conoscerlo e di assaporarne i sentimenti del cuore
attraverso il suo apostolato
disinteressato e solo desideroso della gloria di Dio e del bene delle anime.
Ancora oggi lo si ricorda con affetto e con gioia e per tutti resta sempre il
Sacerdote Santo.
33.
LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. ROSARIO DE FAZIO,
Parrocchia
di San Nicola,
Catanzaro,
17 luglio 1965
Ecc.
Rev.ma, lodo la vostra iniziativa di scrivere la biografia del venerato P.
Francesco Caruso, nonostante la limitata disponibilità di tempo che avete; Dio
ve ne rende il merito.
Riguardo ai
ricordi, impressioni ecc. non ho nulla di particolare da segnalare. Ho avuto
sempre il concetto che P. Caruso sia stato in vita un santo sacerdote, di una
austerità forse troppo esagerata, quantunque degno di stima e venerazione.
Quello che di Padre Caruso è noto a me è analogo a quello che è noto a voi. Di
straordinario nulla posso dirvi. Che la sua anima eletta preghi per noi…
34.
LETTERA-TESTIMONIANZA DI SAC. PIETRO FRAGOLA,
Scuola
Superiore Servizio Sociale,
Catanzaro, 17 luglio 1965
Eccellenza
Rev.ma e carissima, ricevuta la tua graditissima nota del 14 c.m. e plaudo,
toto corde, all’ottima iniziativa della pubblicazione sul Reverendissimo e mai
abbastanza compianto canonico Don Francesco Caruso. Per motivi particolari e
che potrò dirti a viva voce la prima volta che avrò il piacere di incontrarti,
non sono in condizione di scrivere nulla di quanto mi chiedi. So, d’altra
parte, che non ti mancheranno le notizie che richiedi perché il lavoro, che
stai per completare, sia degno della tua buona volontà e, soprattutto, della
memoria dell’ottimo canonico Caruso. Che il Signore manifesti la sua volontà al
riguardo e accolga il voto di tante anime buone, per la glorificazione del suo
servo tanto buono e zelante...
35. LETTERA-TESTIMONIANZA
DI SAC. GIOVANNI APA,
Opera Pia “in Charitate Christi” Casa del
Sacerdote, Viale S.Pio X,
Catanzaro, 18 luglio 1965
Eccellenza reverendissima, quel che posso dire io sul conto del
Rev.mo e compianto Can.co D. Francesco Caruso non aggiunge niente di nuovo a quanto è da tutti risaputo. Era il
sacerdote che ammiravo e cercavo di seguire nell’azione e nei consigli che
ricevevo. Conobbi le sue sofferenze
morali in rapporto soprattutto all’andamento del Seminario Diocesano,
esternamente però lo si vedeva sereno,
fiducioso nella provvidenza e sempre rispettoso verso i superiori. Era l’uomo
della carità: visse sempre da povero e, se
ricordo, col voto di povertà.
Il posto di
lavoro che più lo teneva impegnato era il confessionale, specialmente dopo la
sua nomina a Penitenziere. Frequentatissimo il suo confessionale, ove sedeva,
pregando in attesa di quelli che lo cercavano, ed erano molti. Se lo lasciava,
era solo per distribuire la S. Comunione a quelli che aveva confessato o per
attendere al pio esercizio della Via
Crucis. Gioiva del bene che altri operavano e incoraggiava a meglio fare,
sempre però in sottomissione alla volontà di Dio. Lo visitai nel corso della
sua ultima malattia a Gasperina, ove s’era ritirato in casa del fratello. Lo
trovai rassegnatissimo, nonostante le molte sofferenze e la limitata
assistenza. Mi riesce di grande gioia l’apprendere che c’è chi si interessa di
ricordarlo ai posteri e son sicuro che
la biografia, che ne state preparando, andrà a ruba. Vi seguo con i migliori
voti e non mancherò del mio quotidiano ricordo nella preghiera…
36. LETTERA DI GALLELLO CATERINA
Catanzaro,
13 novembre 1966
Sono
un'anima consacrata al Signore. Sono stata guidata e formata da monsignor
Francesco Caruso che è stato anche mio confessore e direttore spirituale. Anche
oggi seguo i consigli che egli mi diede a suo tempo, nonché le regole di vita
che lo stesso per oltre 30 anni mi indicò. Durante le confessioni con lui
sentivo il profumo celeste dell'Eucaristia. Lo trovavo sempre con la corona in
mano, in estasi, sempre in preghiera.
37.
LETTERA
DI SUOR SERAFINA CALIÒ
Casa dei
SS. Cuori di Gesù e di Maria.
Catanzaro, 15 settembre 1961
Ecc. Rev.ma, Le chiedo molte scuse se le
invio con un certo ritardo le lettere riguardanti il nostro veneratissimo Padre
di santa memoria. Sono lettere di direzione spirituale, e altre che riguardano
il periodo della formazione della Casa di Carità. L’Ecc. Vostra troverà qualche
cosa che gli potrà essere di aiuto nella pietosa e santa impresa che l’Ecc.
Vostra si propone, di far conoscere il nostro venerato Padre, per la gloria di
Dio e il bene delle anime. Avrei voluto essere nella capacità di fornire
all’Ecc. Vostra notizie più ampie, dato che, per volontà di Dio, e contro i
miei meriti, il Padre l’ho conosciuto per moltissimi anni. Per motivi
spirituali e di apostolato, ho avuto la fortuna di poter constatare le sue eminenti
virtù, che, a volerle descrivere, non dovrebbe essere la sottoscritta, tanto
povera di cultura e di capacità. Ma mi è di grande consolazione, e non so come
ringraziare la Divina Provvidenza, di avere ispirato l’Ecc. Vostra a scrivere sul conto del Padre, che tanto bene
lo conobbe e gli fu tanto vicino. Quella sera, trovandomi colla testa un po’
confusa perché non stavo bene, mi sono dimenticata di fare il nome di Alfonso
Vitale, collettore, e di un’altra collettrice, Suor Franco Maria V. Teti, che bisogna
aggiungere agli altri nomi. Per adesso, dato che il tempo stringe, e sia per la
mia malferma salute e per il molteplice da fare che mi da la Casa, non posso
fare di più. Se l’Ecc. Vostra lo crede opportuno, mi riserbo di fare degli
appunti più estesi in seguito, quando l’Ecc. Vostra scriverà la biografia del
Padre in modo concreto.
Per la costituzione della Casa, posso
attestare che io fin da giovane ero stata chiamata dal Signore a farmi suora,
ma che non ho potuto soddisfare questo mio ideale per motivi doverosi di carità
che dovevo assistere il mio genitore vecchio. Ma per arrivare a questo nel 1927
dovevo comprare colla mia dote una casa a Catanzaro in Via Postaicoli dove
doveva sorgere, secondo me, la comunità delle Terziarie domenicane. Ma, secondo
l’espressione del Padre, allora non vi è stata la volontà di Dio perché nei
suoi altissimi fini mi riserbava questa grande croce: (quella di) lottare da
sola senza il grande aiuto del Padre che mi sarebbe stato di grande conforto e
sostegno. (Perché lui solo poteva testimoniare come erano andate le cose) dico
ed è vero che in forza di questo mio ideale, di farmi suora, si parlava sempre
col padre, e così dopo aver ottenuto dal Padre un certo assenso, ne parlai
colle persone colle quali ci troviamo associati. Ma ciò non toglie che il Padre
è stato l’animatore e l’appoggio di tutto ciò che con l’aiuto di Dio si è
fatto. Le accludo anche qualche bigliettino che tratta la carità che il Padre
dava per mezzo mio ai suoi poveri, abbonati. Ne devo avere molti ancora, poiché
il Padre tutte le volte che si assentava per le vacanze dava questo incarico a
me. Non lascio di pregare l’Ecc. Vostra affinché raccomandi la povera anima mia
al Signore e l’Opera tanto amata dal Padre, affinché dal cielo, per come mi ha
promesso sul letto della sua agonia,
possa pregare e intercedere il miracolo
di riconfermarsi nella casa la Confraternita Domenicana regolare tanto
da lui e da me agognata.
Mi ricordo a proposito di quanto l’Ecc.
Vostra mi domandava se io avessi assistito alla sua morte. Quando è spirato,
veramente non mi sono trovata, però sono stata più giorni vicino al suo
capezzale, e posso assicurare della sua calma inalterabile nelle sue inaudite
sofferenze; sempre pregava e benediceva tutti, particolarmente i sacerdoti. Non
posso lasciare di dire l’espressione incancellabile che ha fatto in me
l’espressione del volto del Padre dopo la sua morte. Era di una chiarezza
diafana, la bocca atteggiata a un mezzo sorriso, e la fronte quella che non
dimentico mai! Era corrucciata come di una persona che ha visto qualche cosa di
sovranamente bello ed è rimasta molto meravigliata. Questa è stata la mia
impressione che non dimentico mai, non so se gli altri hanno fatto caso…
38.
LETTERA DI SUOR SERAFINA CALIÒ
Catanzaro, 22 marzo 1962
Eccellenza
Rev.ma, Le trasmetto le notizie chiestemi in merito alla morte del nostro
Venerato P. Caruso. Le chiedo scusa per il ritardo perché sono stata ammalata
nuovamente con la flebite. In merito alla Priora Suor Luisa Fedele, avevo
confuso con un altro indirizzo trovato nel carteggio del Venerato Padre e cioè:
Suor Maria Egidia Frugone – Asilo Infantile – Marione – Roma – alla quale da
tempo ho fatto un espresso e non ho avuto ancora alcuna risposta. Avendo avuto
ora il preciso indirizzo, ho scritto ed attendo risposta. Anch’ io benedico e
ringrazio il Signore per il primo lavoro fatto dall’E.V. sul conto della vita
del nostro Venerato P. Caruso. Continuerò a pregare e a far pregare e vogliamo
fermamente sperare che la gloria di Dio si manifesti a molti per mezzo della
conoscenza di questo atleta dalla virtù che fu il nostro Venerato Padre. Nella
speranza che possa consolare anche me nelle gravi difficoltà in cui mi trovo
per la mancanza di vocazioni. Essendo io ammalata, ho fatto parlare la Sig.ra
Spasaro dall’altra mia consorella alla quale ha risposto che è in possesso di
lettere e altri fatti spirituali relativi al nostro Venerato Padre, ma che non
intendeva consegnare a nessuno se non direttamente a V. E. Pertanto, se l’E.V.
avrà occasione di venire a Catanzaro, farebbe cosa gradita incontrarsi con la
Signora a casa sua. Ieri sono venuta a conoscenza che il Venerato Padre quando
era Prefetto di camerata al Seminario di Catanzaro, di sera gli apparve un
giovane nel corridoio; il Padre lo affrontò e gli disse: “Chi sei? Da dove sei
entrato se tutto è chiuso? Cosa vuoi?” a queste domande il giovane gli rispose:
“Quello che è tuo è tuo, e quello che è mio è mio”, e scomparve. Da allora e
poco tempo dopo, tre seminaristi di quella camerata si sono svestiti
andandosene a casa loro. Ciò l’attesta Caterina Gallello.
Con
l’occasione, e sempre se le possano essere utili tali notizie, ogni qualvolta
V. E. è venuta nella nostra Casa mi sono sempre dimenticata di riferire che,
nel primo venerdì del mese di novembre del 1953, (nell’8° dei morti), avevamo
appena finito la Via Crucis in suffragio del Venerato Padre, che io uscendo
dalla Cappellina, per andare in cucina, vidi Padre Caruso in ginocchio sotto la
porta di fronte alla Cappella, in atteggiamento di preghiera, gli passai
davanti e distratta non feci caso pensando che fosse una consorella, ma,
scendendo in cucina e trovando la consorella occupata nelle faccende, rientrai
in me e, tornata su, non vidi più nessuno, ma io dalla sagoma avevo visto che era
P. Caruso…
39.
LETTERA
DI SUOR SERAFINA CALIÒ
Catanzaro, 5 aprile 1962
Ecc.
Rev.ma, in data 22 marzo s.m. ho inviato le notizie richiestemi dall’Ecc.
Vostra in merito al nostro Ven. Padre Caruso. Oggi le invio la lettera giuntami
dalla Ven. Madre suor Luisa. Con molti devoti auguri per la S. Pasqua. Pregando
l’E. V. di una preghiera particolare per
me povera indegna creatura, che, pur
essendo stata tanto vicina al nostro Ven. Padre, non ho saputo approfittare per
la mia santificazione…
40.
LETTERA ALLEGATA DI SUOR LUISA FEDELE
PELINI, domenicana
Monastero di S. Vincenzo,
Monastero di S. Vincenzo,
Prato, 31 marzo 1962
Rev. Madre, la sua pregiata lettera in data 23 c.m. più che meraviglia mi ha recato gioia per
quanto in essa mi viene riferito nei riguardi
del Ven.to P. Francesco Caruso.
C’è stata,
è vero, della corrispondenza epistolare fra il Padre e me; ma, purtroppo,
queste lettere (che io, a mia volta, consegnavo al Superiore del Monastero
Mons. Fantaccini, Vicario della Diocesi di Prato, morto tre anni or sono)
vennero distrutte, o meglio disperse durante gli anni dell’ultima guerra per le
tante peripezie e, soprattutto, per gli sfollamenti e per il ricovero dovuto
offrire ai cittadini pratesi che invasero al completo il Monastero per ripararsi
dai bombardamenti, rastrellamenti, rappresaglie ecc… Non ho avuto la grazia di
un incontro con il Padre Caruso, ma francamente di lui mi ha sempre colpito la grande umiltà, l’infimo concetto che aveva di se stesso e la
grave responsabilità che Egli sentiva nel disimpegno del suo divino Ministero.
Fino da allora io ne ho avuto una grandissima stima e l’ho ritenuto un
sacerdote secondo il cuore di Dio. Lo scopo primo delle lettere che inviava al
mio indirizzo era quello della preghiera in suo favore: ciò che sempre mi
imposi di fare come suora claustrale, immolata nell’oblio, al bene delle anime.
Ciò nonostante, mi sento indegna di avere avuto corrispondenza con una simile
anima insignita del potere sacerdotale e tanto cara al Signore. Spero e credo che
Egli, dal cielo, mi aiuti a santificare gli ultimi anni di vita che ancora mi
restano prima di raggiungerlo in Paradiso. Con preghiera di una particolare
benedizione da parte di S. Ecc. Mons.
Giuseppe Pullano e di un suo ricordo presso il Signore passo ad ossequiarla
chiedendo scusa se non mi è possibile farLe avere gli scritti del Padre
Caruso. Sr. Luisa Fedele Pelini O.P.
41.
LETTERA DI SUOR SERAFINA CALIÒ,
Catanzaro, 5 aprile 1962
Mi
riferisco al foglio n.183/62 del 5 c.m. e Le fornisco le notizie richieste ed a
mia conoscenza:
1)
– Per Suor Luisa sono in attesa di risposta, e, non appena in grado,
comunicherò;
2)
– Da ricerche esperite, mi risulta che il Terz’Ordine Domenicano è stato
portato a Catanzaro dalla Sig.na Maria Daniele che poi fu Suor Maria Benedetta
Daniele in Pompei. All’inizio si costituì nella casa della Sig.na Giordano e lì
fu ricevuto il nostro Venerato Padre per mano di P. Raimondo O.P., le prime
terziarie furono la Sig.na Giordano e Gallelli Caterina. In seguito alla chiesa
del Rosario furono ricevute, per mano di padre De Falco O.P., la Sig.na Caliò
Serafina e la Sig.na Cosco Maria. In seguito fu costituito il Terz’Ordine nella
Cattedrale in data 21.11.1923 ed il Venerato Padre ne fu sempre il Direttore.
Fu aggregato alla Provincia di Reggio Calabria.
3)
– Fu Priora del Terz’Ordine Domenicano la Sig.na Giordano Raffaelina.
4)
– Per le terziarie che avevano aderito alla nascente Congregazione del
Terz’Ordine Regolare di S. Domenico in Catanzaro, preciso che se intende
parlare del Terz’Ordine Secolare, istituito nella Cattedrale di Catanzaro, le
prime terziarie furono: Giordano Raffaelina, Daniele Maria, Caliò Serafina,
Gallelli Caterina, Cosco Maria, Colicchia Laura e Scorza Anna .
5)
– Quanto l’E.V. chiede, sono costretta, da ragioni di coscienza e per verità
della storia, pur costandomi grande sacrificio, espongo quanto segue:
-
Il Venerato Padre Caruso non istituì l’Opera di sua iniziativa ma, avendo avuto
io vocazione sempre religiosa, assieme alle terziarie Colicchia Laura, Scorza
Anna e Vitale Alfonso ci presentammo dal Padre e manifestammo le nostre
aspirazioni e chiedemmo nel contempo l’autorizzazione della iniziativa che Egli
l’appoggiò con tutto il suo spirito e incoraggiandoci e guidandoci con lo zelo
e la saggezza che gli era propria, donandoci la Regola compilata da Lui. Di
tutto ciò ho parlato con Vitale e con le altre interessate e sono del parere
che, a salvaguardia della verità, bisognerebbe
dire che: il Venerato Padre istituì l’Opera assieme ad un gruppo di terziari.
Comunque l’E. V. è al di sopra di tutti, potrà giudicare e decidere il da
farsi. Quanto sopra l’ho esposto perché mi è stato imposto di dire la verità.
L’Opera dei SS. Cuori fu istituita in Via Bellavista Vico 5 casa Ansani,
Catanzaro.
6) – L’ingegnere che progettò la Casa è il
Geom. Apa Alfredo
7) – La ditta che costruì l’ala destra
dell’Istituto è : il primo lotto è stata la ditta Caliò Domenico fu Francesco,
il completamento di detta ala fu eseguito dalla ditta Merlo e Pizzini.
8) – I fondi per la costruzione dell’ala
dell’edificio sono stati forniti nelle seguenti proporzioni:
-
Raccolta dalla carità pubblica dal 29/12/1944, data d’istituzione dell’Opera,
al 1949, data di inizio della costruzione dell’ala dell’edificio, L. 1.500.00.-
-
Offerta dall’americano Dott. Alberti L. I.000.00.- Totale L. 2.500.00.-
Somma
questa impegnata per la Costruzione del I ° lotto. Poi si dovette sospendere
per la mancanza di mezzi. Si ripigliò nel 1950, avendo il Governo stanziato L.
2.000.000 - che abbiamo consegnato alla Ditta Merlo-Pizzini che si offrì a
completare l’ala dell’edificio con propri anticipi e che, in seguito, abbiamo
pagato a sospiri e alla quale
dobbiamo ancora versare la somma di L. 1.200.000.- Complessivamente l’ala
dell’Istituto venne a costare L. 8.870.354.-
9)
– Padre Caruso per la professione di Terziario Domenicano prese il nome di Fra
Domenico.
10)
– Non mi risulta sicuro se era iscritto ai Sacerdoti Adoratori ma penso di sì,
in quanto ne parlava sempre con tanto ardore e a me diceva che faceva l’ora di
adorazione alla quale era obbligato. Era anche iscritto alla Messa riparatrice
e ne propagava l’iscrizione.
11)
– Lo Scapolare del Carmine non mi risulta dove l’abbia ricevuto, ma ne era
rivestito e ne propagava la devozione con sempre più crescente zelo ed io
stessa portavo le persone per averlo imposto di sua mano.
12)
– Il Venerato Padre fu operato all’Ospedale Civile di Catanzaro e fu in gravi
condizioni per congestione polmonare.
13)
– Non mi risulta di sicuro la parte che ebbe nella fondazione della Casa di
Gasperina, ma penso, sia stata da Consigliere.
16)
– Faceva intensa propaganda della buona stampa.
17)
– Poche persone di Catanzaro hanno partecipato ai funerali di P. Caruso, poiché
in quei giorni vi furono grandi temporali. Le persone che hanno partecipato
furono: Caliò Serafina, Colicchia Laura, Gallelli Caterina, Sac. Cosentino
Antonio, Don Perrotta Giuseppe ed altri di cui mi sfugge il nome.
18)
– Fu trasportato al Cimitero il 19.10.1951 dopo averlo vegliato la notte in
casa. Tutto il paese era presente e tutti piangevano la scomparsa di un Santo.
In particolare ricordo, che, non si poteva uscire dalla Chiesa per la forte
pioggia, ma, non appena si mosse il Corteo e la bara fu sulla porta della
Chiesa, la pioggia cessò e si fece vedere il sole con grande splendore da
lasciare tutti sorpresi. Giunti al cimitero abbiamo voluto, per l’ultima volta,
dare l’estremo saluto, rivedendo quel viso e baciare quella mano che tante
volte aveva benedetto ed io rimasi ancora una volta ammirata dal viso del
Padre, di quel sorriso e di quelle espressioni di dolce meraviglia di chi ha
visto una cosa bella. Inoltre la sua salma sembrava una cosa diafana dal volto
non cadaverico ma di una cosa celestiale. Queste furono le mie impressioni.
42. LETTERA
DI SUOR SERAFINA
CALIÒ
Catanzaro, 30 agosto 1966
Appunti riassuntivi sull’origine della Casa di carità “SS. Cuori di Gesù e
Maria”
A.
Primo scritto
Catanzaro,
13 febbraio 1956
Avendo avuto fin
da giovane la vocazione di farmi suora domenicana nel 1922 era stata accettata
la mia domanda di entrare fra le suore domenicane a Pompei, ma il mio Direttore
Spirituale Rev.mo Canonico Don Francesco Caruso non me l’ha permesso perché,
essendo il mio genitore vecchio e solo, aveva bisogno della mia assistenza, ma
non per tanto, (perché) continuai a lavorare nelle file del Terzo Ordine
Domenicano retto a Catanzaro dallo stesso Canonico Don Francesco Caruso, in
qualità di Cassiera Segretaria, con la speranza di poter riunire un gruppo di
terziarie in comunità.
1927 :
Spinta sempre da questo mio desiderio di formare suddetta Comunità, sempre con
l’approvazione del mio Direttore Spirituale Don Francesco Caruso, con la mia
dote dovevo comprare una casa per fondare l’Opera in Via Pastaioli (oggi
proprietà dell’Avv. Lombardi), ma non ci siamo accordati perché sconsigliata
dal mio ingegnere di fiducia, avendo creduto che il valore della casa non
corrispondeva al prezzo richiesto.
1944 :
Tempo di emergenza – Mi sono incontrata col Prof. Giuseppe Ansani (terziario
Domenicano) il quale mi ha chiesto l’indirizzo del Rev. Don Francesco Caruso
che a causa della guerra si trovava sfollato a Gasperina, ed entrando in
discorsi spirituali ci siamo trovati nell’argomento del mio desiderio di un
locale per riunire le terziarie Domenicane in Comunità. Fu così che lo stesso
mi offrì un locale abitabile in piano terreno, di sua proprietà in Via Bellavista
(pochi mesi gratuito), con la promessa che in seguito mi avrebbe dato nella sua
stessa proprietà un locale più ampio. Il 29 dicembre dello stesso anno abbiamo
così dato inizio alla nostra opera con un vecchietto cieco e paralitico; si
continuò ad accogliere ricoverati fino al numero di 15, perché la capacità del
locale non permetteva di più. Il Rev. Padre Caruso, che fu il Direttore
Spirituale, il Consigliere e l’animatore dell’Opera stessa, la denominò : “Casa di Carità dei SS. Cuori di Gesù e di Maria
per Paralitici”, mi diede la Regola
scritta da lui che portai a S.E. Rev.ma Mons. Arcivescovo Giovanni Fiorentini,
il quale l’approvò ad anni fino al 1952 e poi successivamente ad un
quinquennio, ma purtroppo per la ristrettezza del locale non potevamo dare
sufficiente sviluppo all’Opera, né fare vita di Comunità com’era il mio ideale.
Le prime ad associarsi all’Opera sono stati: il Sig. Alfonso Vitale (terziario
Domenicano), il quale avendo un gruppo di giovani con sé, sempre con
l’approvazione del Rev.mo Don Francesco Caruso, si era proposto nella stessa Opera di formare la
Confraternita maschile. La Sig.na Coliccchia Laura, che, pur essendo sarta,
trovava il tempo di aiutarmi nell’Opera assistenziale ai ricoverati e nella
raccolta dei mezzi i quali servivano per il sostentamento dei ricoverati stessi
e il supero si cercava di accantonarlo con la speranza di comprare un locale;
si associò anche la Sig.na Scorza Anna che, essendo impiegata come
rammendatrice presso l’Ospedale Militare di Catanzaro, poco poteva fare non
avendo il tempo sufficiente per dedicarsi all’opera della Casa; raccoglieva
poche centinaia di lire al mese da benefattori, continuò il suo ufficio,
promettendomi che, quando avremmo avuto un locale per noi, si sarebbe ritirata
dall’impiego e dedicarsi all’Opera (cosa che poi non ha attuato). Si continuò
così sempre in cerca di un locale o di comprare un casa che non si è potuto
trovare.
1949: dopo
la campagna elettorale, il Conte Avv. On Domenico Larussa, ci regalò un suolo
edificatore di metri quadrati di millecinquanta (1.050) in contrada Madonna dei
Cieli sul quale, con i risparmi che avevamo, che ammontavano a L. 2.500.000.=
si incominciò a costruire la prima ala del fabbricato che in seguito si è
dovuto sospendere per mancanza di mezzi.
1950 : - La
Ditta Merlo-Pizzino provvidenzialmente si offrì a completare l’ala
dell’edificio anticipando la somma mancante per il completamento dell’ala
stessa impiegando complessivamente la somma di L.6.500.000,= somma che noi, man
mano che la provvidenza ci aiutava, versavamo durante il corso dei lavori,
restando così in debito verso la ditta di L.2.900.000 che, per grazia di Dio
abbiamo già versato L.1.100.000.
1951 : - La
Ditta consegnò l’ala dell’edificio nell’agosto dello stesso anno, ma
improvvisamente il Rev.mo Padre Caruso fu chiamato al premio dei giusti e
l’apertura della nuova Casa fu rinviata perché, dopo la morte del Padre
Spirituale, io e le consorelle abbiamo avuto un momento di scoraggiamento e di
incertezza. Nel maggio dello stesso anno, dietro nostra richiesta, l’On.
Domenico Larussa ha dato un altro appezzamento di terreno accanto al nostro
fabbricato di mq 700, con atto del Notar Le Pera (16 maggio 1951).
1952 : -
Superata l’incertezza e le difficoltà sorte dopo la perdita del Rev.mo Padre
Caruso, sotto la presidenza dell’Ecc.mo Mons. Arcivescovo Armando Fares, al
Palazzo Episcopale di Catanzaro, presenti il Sindaco Avv. Francesco Bova, la
sottoscritta, Alfonso Vitale, Colicchia Laura e Scorza Anna, si è deciso di
fare l’atto associativo che poi venne stipulato per Notaio Le Pera del 3 giugno
dello stesso anno, costituendosi in associazione tutti e quattro soci con la
rappresentanza giuridica dinnanzi ai terzi per esigere qualsiasi mandato di due
soci con firma congiunta che furono scelti Alfonso Vitale e la sottoscritta.
Nel suddetto atto associativo venne anche consacrata la confraternita delle
terziarie Domenicane che hanno il diritto di dirigere la Casa e venne
consacrata anche la Regola del Rev.mo Padre Caruso, sulla quale si poggia tutto
l’andamento della Casa stessa, sempre allo scopo di salvaguardare il fine per
il quale era stata istituita l’Opera. Ancora oggi continuiamo ad osservare la Regola
del Padre Caruso. In seguito fu corretta una specie di errore che voleva la
Casa sotto la denominazione: “Ignazio Larussa” e perciò dopo tante difficoltà,
si è convenuto da ambo le parti con atto notarile per Notar Le Pera del 12
gennaio dello stesso anno di continuare la denominazione della “Casa di Carità
dei SS. Cuori di Gesù e di Maria” giusta l’espressa volontà del defunto Rev.mo
Padre Caruso; però il nome del senatore Ignazio Larussa, in segno di
gratitudine e di riconoscenza è ricordato sempre in mezzo a noi.
L’inaugurazione della casa è stata fatta da S. E. Mons. Giovanni Fiorentini il
18 ottobre dello stesso anno 1952 con l’intervento di molte Autorità. In
seguito, il 4 novembre è stato tenuto nella nostra Casa un convegno di Azione
Cattolica presieduto da S.E. Rev.ma Mons. Armando Fares.
La citata confraternita maschile che il
confratello Vitale si proponeva di organizzare, non si è potuta realizzare in
quanto i giovani, sui quali egli contava, alcuni si erano trasferiti altrove e
altri, nel frattempo, avevano contratto
matrimonio. Inoltre, lo stesso confratello Vitale è stato chiamato ad occuparsi
della P.O.A. e successivamente a far parte degli organi direttivi della D.C.
locale. Sicché mentre si contava molto sulla sua attiva collaborazione e sugli
impegni presi a favore della Casa, la parte dirigente femminile si è venuta a
trovare quasi sola ed è stata costretta ad assumersi l’onere di tutto
l’andamento della Casa stessa, come amministrazione, contatti con tutti gli
Enti ed a prendere tutte quelle iniziative atte al buon andamento ed allo
sviluppo dell’Opera. Oggi i membri della confraternita siamo in numero
cinque. La Direttrice Serafina Caliò.
B.
Secondo scritto:
1) Il 1° lotto relativo alla Casa è stato
eseguito dalla ditta Caliò Domenico. Il lavoro si è iniziato il 27 Nov. 1949.
Si riferisce allo scantinato nonché alla scala di accesso. Si sono esguiti le
sole strutture principali. L’ultimazione è alla data del 5 Aprile 1950. Importo
delle opere L.2.328.031.
2) Nell’anno 1950 la Ditta Merlo Giovanni ha
ultimati tutti i lavori del 1°lotto ed ha eseguito la costruzione del piano
terreno e del primo piano. Importo delle opere L.6.542.323.
3) Il contributo dello Stato per detti
lavori è stato di L.4.000.000.
4) Durante gli anni che vanno dal 11945 al
1950 le Consorelle Terziarie hanno raccolto la somma totale di L.2.386.065. (
1.500.000 + 886.065)
5) Il Dott. Alberti (residente in America)
ha donato la somma di L.1.000.00. Detta somma doveva servire per la costruzione
del Villaggio del Fanciullo su suolo donato dall’’On.le Larussa. Non
realizzando il Villaggio del fanciullo la somma veniva trasferita alla Casa SS.
Cuori di Gesù e Maria. Il suolo per il Villaggio del Fanciullo si fa presente
era stato dato dall’On. Larussa all’Ecc. Rev.ma Mons. Fiorentino.
6) Successivamente con i cantieri scuola di
lavoro veniva costruita l’ala destra della Chiesa.
7) Infine nell’anno 1962 presentando la
casa collegamenti non funzionali si realizzava un progetto da vario tempo
ideato dalla Direttrice, il cui importo dei lavori era di L.2.350.000 e che
sono consistiti nella realizzazione di ampio vano da usare per dormitorio sopra
l’ingresso principale ed avente anche lo scopo di collegare le due ali della
Chiesa.
C.
Terzo scritto
Inaugurazione della “Casa di Carità dei SS. Cuori di Gesù e di Maria”
Domenica 26 corrente (1952), presenti il
sindaco e molte altre autorità civili e religiose, nonché un folto numero di
invitati, S.E. Mons. Arcivescovo Fiorentini ha officiato la S. Messa nella
graziosa e austera Cappellina della Casa di Carità dei SS. Cuori di Gesù e di
Maria, sita in contrada Madonna dei cieli, in occasione dell’inaugurazione del
nuovo edificio, sorto in un suolo regalato all’Opera con nobile slancio di carità cristiana dell’On/le
Avv. Domenico Larussa. Durante la visita degli spaziosi locali ben attrezzati
igienicamente e provvisti di ogni comodità, ci siamo congratulati con il Comm.
Alfonso Vitale, la sig.na Serafina Caliò e le altre fondatrici, che fin dal
lontano gennaio 1945, sotto la guida spirituale del pio Sacerdote Don Francesco
Caruso, mancato ora ai vivi, con spirito di abnegazione cristiano, hanno saputo
creare dal nulla una grande opera, sorretti dalla fede e dalla carità di quelle
persone che con il loro obolo hanno contribuito a dare un asilo e un’assistenza
a dei poveri paralitici e ciechi. I ricoverati che abbiamo interpellato ci
hanno detto di essere molto contenti di poter finalmente godere, nel nuovo
edificio, luce, sole e igiene che mancavano nel vecchio e stretto locale di Via
Bellavista dove sorse e visse nell’ombra per sette anni questa nobile opera.
Dalle colonne del nostro giornale vada il plauso alle autorità civili ed
ecclesiastiche e a tutti quelli che hanno preso a cuore e seguono da vicino
questa pia istituzione umanitaria, nonché ai fondatori il nostro augurio. Che
l’Opera possa sempre più ingrandirsi per alleviare le sofferenze di tutti
coloro che, martoriati nel fisico, tendono la mano per chiedere aiuto.
43. LETTERA DI S. SERAFINA
CALIÒ
Casa dei SS. Cuori di Gesù e di
Maria.
Catanzaro, 12 dicembre 1966
Eccellenza Reverendissima, anzitutto vi chiedo
infinite scuse se ho ritardato a comunicarVi quanto da voi richiestomi, ritardo
dovuto agli innumerevoli imprevisti che quotidianamente mi si presentano nella
mia modesta opera a favore della Casa. Tuttavia, a suo tempo, avevo scritto a
Gasperina, ma senza ottenere alcuna risposta. Per cui, l’altro ieri mi sono
recata personalmente in quella località, ove i familiari del M. R. Can. Caruso
mi hanno riferito che i cilizi (bracciali) non li hanno. Ricordano soltanto di
averne dato uno a V.Ecc.za Rev.ma, ma non ricordano in quali mani siano andati
a finire gli altri.
Pertanto,
se V. Ecc. vuole, può inviarmi il detto cilizio che sarà mia cura
restituirglielo, subito dopo avervi fatto fare la foto. E se l’Ecc. Vostra lo
crede opportuno, potrei fare anche fotografare un cilizio in mio possesso,
manifatturato personalmente dal M.R. Can. Caruso, ma da Lui mai usato,
(bracciale).
L’elogio funebre, in occasione delle esequie,
fu tenuto dal Sac. Gregorio Procopio, mentre precedentemente aveva brevemente
parlato il Can. Giovanni Capellupo, a nome del Capitolo di Catanzaro, e il
Parroco don Antonio Cosentino, parlò a nome del Collegio dei Parroci.
Il
periodo che passava dalla strada nei pressi della mia abitazione, ricordo che
sia stato all’incirca dal 1936 al periodo della sfollamento.
Circa la data dell’inaugurazione della Casa, è
esatta quella già in possesso dell’Ecc. Vostra. In seno alla presente, mi
pregio accluderVi le notizie inerenti la Sig.na Caterina Gallelli…
P.S.
- In merito al Pellegrinaggio eseguito a Lourdes dal M.R. Can. Caruso, non
ricordo la data precisa. Tuttavia credo che detto pellegrinaggio abbia avuto
luogo molto prima del 1930. Comunque ho avuto promesse dai suoi familiari, di
farmela sapere, dopo che essi abbiano indagato.
44.
LETTERA DI SUOR SERAFINA CALIÒ
Catanzaro, 12 dicembre 1967
Nell’approssimarsi
delle sante feste natalizie prego l’Ecc. Vs. voler gradire i nostri devoti e
fervidi Auguri anche da parte dei piccoli che, uniti a noi nella notte santa,
pregheranno il S. Bambinello secondo le intenzioni dell’Ecc. Vs.
Colgo l’occasione per esprimere
all’Ecc. Vs. un mio desiderio, essendomene a suo tempo dimenticata di farlo, e
cioè, fare inserire nell’articolo che l’Ecc. Vs. ha già preparato circa la
nostra Casa nella biografia del Rev. Padre Caruso, il nominativo del Dott.
Raffaele Gentile, quale assistente sanitario per beneficienza. Non so se l’Ecc.
Vs. abbia la possibilità di farlo…
(scritto a penna) Né
si può dimenticare l’opera del Dott. Raffaele Gentile, che ha offerto sempre
gratuitamente e con grande spirito di
carità, la sua opera di sanitario
preparato e solerte.
Allegato: Con
la presente dichiaro ciò che personalmente mi ha raccontato il canonico Don
Paolo Aiello in merito al reverendo Padre Caruso. Un giorno il reverendo Don
Paolo, essendo ancora seminarista, si recò nella camera del Padre per la
direzione spirituale, ma lo vide sollevato sulla sedia, dove stava in ginocchio,
col viso acceso e tutto assorto, tanto da non avvertire la persona di chi gli
stava vicino e aveva chiesto permesso
prima di entrare. Quando rientrò in sé, si accorse della presenza del
seminarista e gli disse: che è successo?
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