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sabato 18 febbraio 2012

7. SFOGHI DELL'ANIMA MIA A DIO (originale e trascrizione)

Di Padre Antonio Caruso - 1936
























































































  
 













































Sfoghi dell'anima mia a Dio
di P. Francesco Antonio Caruso - 1936

Signore, io sono indegno di appartenervi, ma bramo di essere vostro interamente nella santità della vita, come lo sono per natura; bramo di glorificarvi, perché ne siete infinitamente degno; voglio cooperare alla salvezza e santificazione delle anime dei miei cari, di quelle a me affidate e in generale di tutte le creature umane, perché le amo quali oggetti preziosissimi del vostro amore. Ma sento che sono troppo abbietto innanzi alla vostra infinita bontà, troppo debole per operare il bene, che si richiede per salvarmi e farmi santo, troppo incapace a salvare e santificare le anime altrui. Mi sento anzi in un abisso di miserie e devo sostenere lotte tanto spossanti da non sapere più se vivo o no nella vostra grazia… Ahimè, l'esperienza del passato e la mia fragilità presente mi avviliscono… La vostra giustizia mi spaventa… Che farò dunque? Mi affido a Voi, che mi avete creato e servato per vostra bontà, redento per vostra misericordia; e mi avete anzi strappato dal fango di mille peccati attuali e mi avete fatto un vostro sacerdote e formatore di sacerdoti, direttore di coscienze e di direttori di anime. Potreste abbandonarmi, dopo avermi innalzato a tanta altezza di grado, a tanta dignità di uffici?... Ahi! No! Da Voi perciò mi aspetto di essere salvato e santificato.
Voi avete promesso che salverete chiunque si confessa e si comunica per nove primi venerdì consecutivi: io, sebbene imperfettamente, ho compiuto più volte questa pratica a Voi cara… Non è ciò un motivo sufficiente per confidare in Voi?... Avete promesso che chi dà ai vostri poverelli, avrà il centuplo in questo mondo e la vita eterna nell'altro. Avete anche raccomandato che ci facessimo degli amici per merito delle inique ricchezze. Per vostra grazia ho cercato di dare e voglio dare ai vostri poverelli tutto quello che posso. Potreste voi maledirmi, mentre i poverelli, vostri rappresentanti, mi benedicono? Potreste non ricevermi in paradiso, mentre avete dato ad essi l'incarico di ricevermi negli eterni tabernacoli?
Voi avete detto: “Chiedete e riceverete”; ed io credo che da quando ho cominciato a capire, non ho mai passato un giorno senza pregare, (anche quando ero immerso nel pelago orrendo dei miei peccati). Inoltre tante anime buone, che voi mi avete affidate, e tra queste le migliori e a Voi più accette pregano vivamente per me… È mai possibile che veniate meno alla vostra parola? Voi ci avete dato per contrassegno della nostra predestinazione alla gloria eterna la devozione alla Madonna, come ci insegnano i dottori di S. Chiesa. Io ho cercato sempre di avere vera devozione verso di lei ed Ella mi ha amorevolmente attirato a sé con i suoi materni carismi, specialmente al tempo dei miei primi impulsi alla vocazione sacerdotale. Sono anche iscritto al suo scapolare carmelitano, che Ella ci ha dato come segno di salvezza, ed io ho cercato di portarlo sempre devotamente... Non è possibile, o Dio sommamente verace, che il vostro contrassegno fallisca o che rendiate vane le promesse della Madre vostra!
Voi avete detto che chi vuol venire dietro a voi deve prendersi ogni giorno la propria croce e seguirvi. È vero che io non ho sempre ben portato le mie croci, né le ho sempre portate dietro a Voi. Non mi sembra però di averle ma involontariamente rigettate, anche quando il mio povero cuore si sentiva venire meno sotto il loro peso, da che ho avuto la grazia di conoscere che tutte le croci vengono da voi. Mi abbraccio perciò fiduciosamente alle croci che vi piace di impormi e soltanto desiderio che siano della maggior gloria vostra e che le accettiate come attestato del grande desiderio che ho di amarvi perfettamente e disinteressatamente, malgrado la mia freddezza e il mio amor proprio.
Voi avete detto ai vostri ministri: “Chi ascolta voi, ascolta me: io voglio indirizzare sempre i miei passi secondo la luce, che mi darete per mezzo di loro e voglio piuttosto morire che disobbedirli volontariamente… O Gesù, infinita bontà, posso io sbagliare indirizzo se vivo affidato ai vostri ministri?
Voi avete detto che chi non fa penitenza, perisce. Io ho pianto i miei peccati, e, se non ho fatto grandi penitenze di mia volontà, ho però molto sofferto e soffro per le tribolazioni che voi stesso provvidenzialmente mi mandate. Dalla pianta dei piedi alla sommità del capo mi affliggono i mali fisici e in tutte le fibre dell'anima mi tormentano i mali dello spirito.
Vorrei lavorare per la vostra gloria e per il bene le anime e me ne mancano le forze; ogni piccolo lavoro mi stanca e l'ozio mi riesce intollerabile; soffro se cammino e soffro se sto fermo; soffro quando parlo e soffro quando taccio. La stessa preghiera, che dovrebbe essermi di sollievo, mi stanca la testa e mi fa dolere il petto; anche la conversazione mi stanca e mi è impossibile continuarla, dopo breve tempo. La mia povera vita non è più ormai altro che una continuata penitenza, ma io non vi chiedo di liberarmene; vi prego piuttosto di contrariare ancora se vi piace, la mia volontà, di togliermi, se occorre, ogni conforto in questo mondo, purché mi diate la forza a ciò necessaria e l'amore di perfetta carità verso di voi e verso i miei prossimi per amor vostro, la pazienza, la dolcezza, la prudenza, l'umiltà, la purezza e tutte le altre virtù cristiane e sacerdotali, in modo che, soffrendo, io sia salvo e sia santo convenientemente alla mia dignità ed a i miei uffici sacerdotali.
Ho commesso tanti ed enormi peccati, ma li abbomino e li detesto come offesa vostra e confido di esserne perdonato, perché so e credo che Voi siete morto per cancellarmeli. Mi spaventa la mia fragilità al pensiero che io posso peccare facilissimamente per l'avvenire, ma protesto che la mia volontà è di morire mille volte, anche con la morte più spietata, col vostro aiuto, piuttosto che offendervi, fosse pure con un solo peccato veniale pienamente voluto, e vi prego di assistermici con la vostra grazia. Ignoro in che stato di coscienza mi trovo attualmente e ciò mi tortura lo spirito, ma giacché voi credete opportuno per la vostra gloria e per il bene dell'anima mia che io rimanga in queste tenebre, benedico i vostri imperscrutabili disegni e credo al vostro ministro che in vostro nome mi rassicura.
Beneditemi, o Signore, e benedite tutte le creature umane viventi e quelle che gemono nel Purgatorio, ma specialmente benedite quelle che mi hanno fatto o mi fanno soffrire, quelle dei miei cari parenti, superiori, benefattori, amici, nemici e le anime che mi avete affidato o vi piace ancora di affidarmi in questo mondo, con particolarità quelle dei miei chierici e seminaristi e fate che io vi lodi insieme con essi eternamente in paradiso. (1936)

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